Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Il voto? Qui non si è in grado di dare un voto, si può andare dal 4 al 10, dipende dalle persone, dal momento, dallo stato d’animo con cui si vede. Alla fine si può anche pensare che si è stati solo in un sogno.
Con la musica che predilige, gli squarci della natura, il sole basso a volte annebbiato, i colori naturali, Terrence Malick torna a raccontarci le sue storie di famiglie e di rapporti difficili tra le persone. Musiche classicissime (Rachmaninoff, Berlioz, Wagner, Dvorak) accompagnano le voci dei protagonisti che descrivono lo svolgersi della trama, non la recitano, la raccontano sommessamente. Sembrano commenti ed invece ti stanno raccontando l’evolversi dei difficili sentimenti tra uomo e donna. A volte pare che la sceneggiatura sia solo un memorandum delle cose fatte o da fare, è un elenco, una raccolta di frasi da ricordare: son rimproveri? aspettative? speranze? massime da ricordare? Un po’ tutto di ciò. Intanto lo spettatore deve dedurre la storia, tanto lui non te la racconta, la devi intuire.
I personaggi più che camminare ballano, si girano, si aggrappano l’un sull’altro, inseguiti tanto da vicino dalla mdp che sembra che sia montata sulle loro spalle. Chi parla, o meglio chi sussurra, non è sempre inquadrato, anche perché sarebbe inutile. I personaggi difatti non parlano: sono inquadrati e la loro voce è la voce narrante del momento. Caso raro della storia del cinema, il film è quasi totalmente doppiato in quanto le voci che si ascoltano sono “solo” narranti e sono tante voci narranti, e distingui che sia l’uno o l’altra a seconda della lingua parlata. Difatti Marina (Olga Kurylenko) parla francese, terra di origine nella trama, Neil (Ben Affleck) americano parla inglese, se e quando parla, essendo un taciturno che difficilmente apre la bocca. C’è il prete, padre Quintana in piena crisi, che pronuncia le sue omelie in inglese ma esprime tutti i suoi dubbi fra sé e sé in lingua spagnola (ci credo, è Javier Bardem!). Si riesce perfino a sentire l’attrice italiana Romina Mondello parlare il nostro idioma. Un film ecumenico!
La natura la fa da padrona, ovviamente. Bisonti, pesci, cigni, acqua di fiume, tramonti autunnali, boschi marroni, mentre la voce narrante predominante di Marina esprime sommessamente le frasi che disegnano una trama scarnamente raccontabile. Il sole non è quasi mai alto, il clima non è quasi mai estivo, le case sono arredate ma nello stesso tempo disadorne. L’amore che arriva e che sfiorisce, fino ai litigi, i distacchi, il tradimento, l’adulterio. Malick fa parlare i corpi e soprattutto gli sguardi, la sceneggiatura tradizionale è bandita.
La trama? C’è una trama? Beh, sì, forse, ma Malick non racconta: espone. Sì, c’è un uomo che, attratto dalle donne, è indeciso tra la nuova fiamma francese e la moglie con cui spesso non va d’accordo, ma la trama è un pretesto, un contorno.
Tutto ciò è ormai la cifra artistica di questo regista: forse è solo sperimentazione, chi lo può sapere se un domani sfocerà in qualcosa di più “concreto”, più umano e meno spirituale. Ecco, forse è sperimentazione spirituale. Il finale con la preghiera del dubbioso padre Quintana è totalmente spirituale, con la accorata richiesta di essere dal Signore ispirati, condotti, perdonati. E’ già un miracolo che Malick trovi sempre i soldi per fare questi enigmatici film, che forse neanche proietteranno nelle sale. Comunque c’è poco da fare, questo è il suo cinema, prendere o lasciare, ma con una avvertenza, a mio parere. Non è un opera per il piccolo schermo, va visto solo a cinema, per essere completamente avvolti dalle immagini e dai suoni, per stare in totale apnea nel suo mondo (quello "nuovo" di Dvorak? ce lo racconta sin dai tempi de “The new world”).
Il voto? Qui non si è in grado di dare un voto, si può andare dal 4 al 10, dipende dalle persone, dal momento, dallo stato d’animo con cui si vede. Alla fine si può anche pensare che si è stati solo in un sogno.
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