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Da giovedì a domenica

Regia di Dominga Sotomayor Castillo vedi scheda film

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La recensione su Da giovedì a domenica

di LorCio
6 stelle

Tra il giovedì e la domenica convocati dal titolo, la vita di una famiglia cilena è destinata ad attraversare una svolta fondamentale: officiando una strana ritualità, i genitori prossimi alla separazione decidono di compiere un ultimo viaggio assieme ai figli. Filtrato dallo sguardo della figlia maggiore, è il racconto di un passaggio esistenziale: nel corso del finesettimana on the road, la bambina esce dalla campana di vetro e diventa un’adolescente alle prese col trauma. Un percorso di scoperta interiore che coincide con l’esplorazione di terre rurali in cui i maiali circondano le tende per mangiare le vivande e i bambini sembrano crescere into the wild. Sfruttando un lessico turistico, l’esordio di Dominga Sotomayor Castillo naviga a vista alla ricerca di una rotta, accordandosi d’altronde all’(in)esperienza in fieri della sua protagonista prediletta, seduta col fratello sui sedili posteriori ai genitori.

 

Santi Ahumada

Da giovedì a domenica (2012): Santi Ahumada

 

Se è vero che emerge chiaramente la volontà da parte di chi viaggia dietro di esaminare quel che sta accadendo avanti, è altrettanto interessante notare che assume anche una funzione polivalente il momento dentro la tenda, in cui la ragazzina osserva il padre di fuori tramite la zanzariera: è insomma un film sullo sguardo che sta maturando grazie all’esperienza della visione. Più del padre con un piede fuori casa e la testa in altri lidi e della madre che reprime il dolore per tutelare i figli – e più dei frammenti di ciò che resta del loro amore coniugale – ma anche più del fratello troppo piccolo per comprendere le sfumature del dramma, è la ragazzina ad accollarsi il peso di una narrazione sospesa l’estasi di un nuovo mondo da scoprire e la paura del crollo del mondo conosciuto. Da giovedì a domenica si inserisce nella lunga e ricca tradizione dei film sul passaggio tra infanzia e adolescenza (Vigo e Truffaut ci guardano) ed è un esempio delicato, tenue, teso ad una tristezza sottocutanea che esplode nel finale.

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