La recensione su Spring Breakers - Una vacanza da sballo

Prendete una buona dose di estetica proveniente da MTv, mischiatela a un paio di tette e culi che ballano in continuazione per solleticare gli ormoni maschili. Aggiungete James Franco che fa James Franco all'ennesima potenza, mescolate con una spruzzata di immagini riprese con le telecamere dei vostri iPhone. Come tocco finale, spolverate di colori da technomusic, shakerate con qualche inquadratura di traverso o sott'acqua e bevete il tutto accompagnandolo con riferimenti metacinematografici e sgranocchiando sana provocazione con in sottofondo Britney Spears. Ecco la ricetta di Spring Breakers di Harmony Korine, un film che vorrebbe elevarsi a critica pop ma che finisce con l'essere talmente kitsch da rasentare la pornografia cinematografica. Non vi è dubbio che nel giro di poco tempo, il lavoro di Korine possa assurgere al rango di cult delle nuove generazioni di cinefili attenti all'estetica piuttosto che al valore intrinseco di un'opera. Se questo è il futuro del cinema, però, francamente se ne può anche fare a meno.

Scegliere di provocare con un James Franco che si prodiga in una fellatio praticata a due pistole, accostare immagini dai colori lisergici e mettere in bella mostra corpi e ridicolaggini varie non vuol dire fare cinema. Vuol dire tentare il colpo mediatico e cercare di passare per autore innovativo anche quando non se ne hanno mezzi e possibilità. Al di là della sceneggiatura che non lascia adito a dubbi sulla pochezza del progetto, a colpire è la volontà di Korine di voler essere critico nei confronti della società americana. Alien, trafficante di droga e rapper poco raccomandabile con il suo ghigno metallico da stregatto, induce le quattro protagoniste a voler realizzare quello che per lui è il sogno americano: fare soldi e ricoprirsene fino alla nausea, circondarsi di armi e prodotti griffati ed estendere il proprio potere su tutto e tutti.

Pur fingendo di sposare le motivazioni tematiche che si proveranno ad addurre per Spring Breakers, non si può rimanere inermi di fronte alla pochezza formale e sostanziale con cui il film procede. Le quattro ragazze protagoniste, simbolo di una generazione di brave ragazze che non sono mai state tali, sarebbero disposte anche a vender le loro madri per passare le loro vacanze di primavera in mezzo a una movida fatta di alcol, sesso, droga e degenerazioni di qualunque tipo o genere. Premesso che l'idea delle vacanze di primavera è lontana dal modus cogitandi dello studente italiano, si ha l'impressione che la vena critica sia solo una scusante per divertirsi sul set tra amici.

Le cose non migliorano neanche quando Spring Breakers vorrebbe trasformarsi in un grottesco gangster movie moderno: l'esasperazione dei cliché del genere porta lo spettatore a innervosirsi e perder la pazienza. E il prevedibile finale non fa che peggiorare il giudizio. Korine dovrebbe ricordare che anche provocare è un'arte e che non bastano due inquadrature in digitale con costumi fluorescenti per essere alternativi e cinematograficamente anarchici.

Esperimento di cinema che vorrebbe essere indipendente e ferocemente critico, Spring Breakers è ottimo per i passaggi notturni sulle tv locali o le pay per view a sfondo erotico. Simile a quei pessimi bmovie dove basta una bella ragazza a tener su 90 minuti di inutilità, Spring Breakers è indefinibile e indifendibile. Qualunque sia la tesi che Korine adduca nel tentativo di spiegarlo, personalmente non sono propenso ad ascoltarlo.

Cestinato come si farebbe con il video amatoriale di Belen Rodriguez con il fidanzato di turno: si guarda per curiosità ma poi si rimuove anche dai ricordi.

Voto: 1 (solo per qualche soluzione di regia interessante).