Regia di Sofia Coppola vedi scheda film
Lux Lisbon, Charlotte, Marie Antoinette, Cleo, Rebecca ( ma anche Nicki, Chloe, Sam o Emily); ragazze o ragazzine. Il pensiero, gli script e l’obiettivo di Sofia Coppola sono puntati esclusivamente su giovani volti femminili; graziose, alla moda, vivaci, le protagoniste a volte adolescenti che ci descrive solitamente la giovane ex-precoce regista sono più o meno così. Queste sono sempre le protagoniste delle sue storie anche quando pare che il personaggio principale della trama è un altro, vedi il Bob Harris di Bill Murray o il Johnny Marco di Stephen Dorff. Infatti prima o poi le vedi venire a galla nella storia e prendere possesso dello schermo: l’attenzione dello spettatore pian piano si rivolge a loro. Sono le loro problematiche che seguiamo, le loro pretese, la loro richiesta di ricevere cura e attenzione.
Questa caratteristica di Sofia non ha però reso monotoni i suoi argomenti, le storie sono molto diverse e si dipanano in ambiente culturalmente diversi. Ma da tempo sto aspettando un sussulto, un cambiamento che dia il segnale di maturazione, una storia più “tosta” insomma, quella che viene chiamata prova di maturità. Sto aspettando il vero film d’autore, perché credo che la sua cultura, l’ambiente dove è cresciuta, l’esperienza maturata col celebre padre potranno dare risultati di classe.
“Bling Ring” non è ancora quello che può definirsi il grande cinema. Intendiamoci: è fatto bene, come sempre dalla Coppola, bravini i giovani interpreti, ad iniziare dalla divetta (che non stimo troppo) Emma Watson, perfettamente nei panni a lei congeniali, come le altre d’altronde. Solo che guardandolo viene spontanea l’impressione che si tratti di un film recitato da adolescenti per adolescenti, quasi un blood-movie senza sangue, ma con una voglia matta di succhiare gioielli, soldi, indumenti firmati e costosissimi. E se scappa di trovare bustine di “polvere”, anche quella.
Tutto ruota attorno ad un gruppo di ragazze amiche di scuola con l’aggiunta di un annoiato giovanottino, mai attratto sessualmente dalla sue amiche, che provenendo da famiglie ben agiate, sistemate in belle villette a Beverly Hills, non sapendo come riempire le serate, non trovano di meglio che entrare furtivamente nelle lussuose ville disabitate delle celebrità del cinema e del jet-set e trafugare tutto ciò che le attira. Vuoi mettere quanto sia cool andare in giro con le scarpe di Parsi Hilton, con il Rolex di Orlando Bloom o le gonne di Lindsay Lohan? E tutto ciò per puro e semplice divertimento.
Ma quanto può durare questo andazzo senza essere beccati prima o poi dalla polizia di Los Angeles? Intuibilmente poco, pochissimo.
Sofia Coppola gira la storia quasi come un documentario, non spinge la sceneggiatura per dare un giudizio morale sulla gang. Racconta a tempo di hip hop, che è il ritmo anche dei trasferimenti in auto dei giovani, prima per caricare il morale, dopo la razzia per scaricare la tensione. E’ un racconto asciutto e quasi di taglio giornalistico, ma non per questo meno cinematografico. Ma da un punto di vista critico è un’opera lontana mille miglia dalla Tokio di Bill Murray e di quel fenomeno che irrompeva chiamato Scarlett Johansson. Forse anche stavolta e come spesso succede nel mondo del cinema, qualcuno tra Katie Chang, Claire Julien, Taissa Farmiga (sorellina della famosa Vera), Georgia Rock e del maschietto della gang Israel Broussard diventerà famoso e sfonderà. Ce ne accorgiamo sempre tardi, ma dipende dalla fortuna che avranno incontrando l’occasione giusta. Da Sofia aspettiamo tempi migliori.
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