Regia di Richard Lagravenese vedi scheda film
Nei diagrammi degli incassi il primato della fascia giovanile quale principale fruitore del prodotto cinematografico è fatto ormai acclarato. Soprattutto ad Hollywood dove esperti di marketing e guru del settore brigano per accaparrarsi i favori di un pubblico generoso ma ondivago, esposto più degli altri al cambiamento, ed ai capricci delle moda. Una corsa ad ostacoli finalizzata ad un successo poi consolidato a colpi d’infinite variazioni sul tema. "Cambiare tutto per non cambiare niente", si diceva un tempo. Ed è proprio perchè la vita è piena di paradossi che un motto come quello del principe di Salina può essere accostato naturalmente ad un film come "Beautiful Creatures", ultimo esempio di un cinema di confezione, in cui l'ispirazione ha ceduto il passo al calcolo e lo slancio al gesto premeditato.
Parliamoci chiaro, il film di Lagravanese, tratto dal primo di una serie di libri dedicati alla storia d'amore tra Ethan e Lena, gli adolescenti protagonisti della vicenda, non è poi così male, anzi. A dargli valore è l'idea di presentare all'interno di un format risaputo - quello che mischia il teen movie all'horror - un romanticismo d'altri tempi, tipico di certi melodrammi sudisti celebrati da ever green come "Via col vento" oppure nelle trasposizioni cinematografiche tratte dai testi di un drammaturgo come Tennesse Williams. In questo modo se i due ragazzi ci appaiono non dissimili dai coetanei che li hanno preceduti sulla strada di cotanta sofferenza – “Twilight” () docet - dall'altra ci pensa Lagravanese a creare quella variazione di cui prima parlavamo, disegnando due caratteri dalla figura gentile, alieni dalle spigolosità anche fisiche dei fidanzati di Stephenie Meyer, ed invischiati in una tenzone più simile agli schemi di un’amore che si mantiene sempre cortese a differenza di quello pulsante ed animalesco che finisce per travolgere Bella ed Edward. Una proposizione che ne fa anello di congiunzione tra passato e presente; un mix che il film fa passare, togliendo importanza agli accessori che scandiscono freneticamente i ritmi della contemporaneità (soprattutto il cellulare, ma anche il pc è usato raramente), sostituiti nel film da oggetti –i libri di Buckowsy, Vonnegut ed anche Salinger – che segnalano un’interiorità più complessa e meditativa, refrattaria a look modaioli ed a bolidi fiammanti. Isolati all'interno di un mondo isolato e sospeso, sovrastati da una natura amena ed evocativa, in cui le arterie diventano scorciatoie di recessi dimenticati, e le case, modeste o ricche che siano, depositarie di segreti inconfessabili, Ethan e Lena si portano dietro le stimmate di un legame che è il risultato di molteplici vite (precedenti) e di un maleficio che rischia di trasformare la ragazza in una strega cattiva. Aiutato dalla sue peculiarità, “Beautiful Creatures” riesce a far dimenticare un allestimento fin troppo programmatico, che seppur con altre forme mette in scena un sentiero già tracciato. Nella somma delle singole parti ciò che non torna è invece la mancanza d’appeal che penalizza gli appassionati del cinema fantasy, sicuramente delusi – lo dicono gli incassi americani- da inserti di genere che stanno appesi alla storia come qualcosa di cui si potrebbe fare a meno. Del cast fanno, oltre alle new entry di Alden Ehrenreich (Ethan), Alice Englert (Lena) anche una rediviva Emma Thompson, sopra le righe e divertente, e Emily Rossum, strega letale e bellissima.
(pubblicata su icinemaniaci.blogspot.com)
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