Regia di Bille August vedi scheda film
C’è una foto che dice tutto sull’equivoco storico che riguarda Bille August. Cannes 2007, celebrazioni per i 60 anni del Festival, 35 registi riuniti per il film collettivo Chacun son cinéma: tra di essi, in mezzo a Manoel De Oliveira, i Coen, Jane Campion, Wong Kar-wai, Roman Polanski, anche lui, Bille August, cioè un nano tra i giganti. Se non fosse che almeno sulla carta August il diritto di stare lì ce l’avrebbe eccome, essendo uno dei sette registi che la Palma d’oro l’hanno vinta per ben due volte (Pelle alla conquista del mondo, 1987; Con le migliori intenzioni, 1992), nel periodo in cui sembrava l’erede di Bergman. Solo che era tutta una finta, o forse fortuna, e nel tempo si è rivelato un anonimo regista di filmoni leccati e poco raffinati. Non fa eccezione Treno di notte per Lisbona, tratto da un romanzo bestseller in Germania e classica coproduzione all’europea: star internazionali chiamate a raccolta (con Jeremy Irons svagato come al solito e Mélanie Laurent e Jack Huston a salvare la baracca), inglese come unica lingua parlata in Svizzera e Portogallo, una vicenda di risvegli esistenziali e amori rivoluzionari – c’è un anziano professore di Berna che va a Lisbona per cercare uno scrittore un tempo attivo nella resistenza a Salazar – e seriose riflessioni in voce over. Anacronismo puro, insomma, contro il quale è persin spiacevole scagliarsi, tanto è evidente la natura in fonda innocua di questo bolso cinema d’autore ormai in via d’estinzione.
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