Regia di Bille August vedi scheda film
Ispirato a un romanzo filosofico di successo mondiale, pubblicato nel 2004 - con lo pseudonimo di Pascal Mercier - da Peter Bieri, serissimo filosofo svizzero con studi a Berkeley e ad Harvard, e successiva cattedra ad Heildelberg.
Il film è la storia di Gregorius (Jeremy Irons), grigio insegnante di liceo in crisi esistenziale, che, in una grigia e piovosa Berna, di buon mattino, andando a scuola, si era imbattuto in una giovane aspirante suicida, che aveva salvato in extremis e portato in classe con sé, senza però riuscire a impedirne la fuga improvvisa: tra le mani gli era rimasto solo il suo rosso impermeabile.
Incurante degli studenti, che aveva abbandonato senza esitare, il professor Gregorius aveva rincorso la donna inutilmente, ma aveva trovato, nella tasca dell’indumento, un piccolo libro dello sconosciuto scrittore portoghese Amadeu Prado, le cui riflessioni gli erano sembrate adatte a uno infelice come lui…
In quel medesimo libriccino, la presenza di un biglietto ferroviario per Lisbona, gli era sembrato un altro segnale indicativo della necessità di imprimere una svolta alla propria vita.
Si era messo, perciò, in viaggio alla volta di una città non conosciuta, ma proprio perciò intrigante e desiderabile, abbandonando, con impulsiva decisione, la sua quotidiana attività.
L’urgenza di andarsene non gli aveva neppure permesso di rifornirsi del minimo indispensabile per sopravvivere in una metropoli senza sembrare in breve tempo un barbone; la sua carta di credito avrebbe forse fatto il miracolo, visto che il suo aspetto continuava a essere quello di un signore bello, rasato e pulito nella persona e nell’abbigliamento.
I suoi studenti? Fecero, naturalmente, una tale cagnara festosa, per l’inaspettata “vacanza”, da richiamare l’attenzione del preside, che anziché licenziare il professore, come sarebbe avvenuto - dieci anni fa - persino nel nostro lassista paese, si era affannato a cercarlo col cellulare, invitandolo a tornare, pregandolo, anzi, anche nei giorni successivi, senza per questo riuscire a smuoverlo dalla volontà di rimanere là per trovare le tracce che lo conducessero all’identità della mancata suicida.
Lisbona è bella e solare, forse meno piovosa di Berna, ma tutto ciò che avviene successivamente assume sempre più il carattere di un’inverosimile storia in cui le coincidenze casuali sono davvero troppe per essere accettabili e credibili.
Non intendendo dilungarmi ulteriormente negli intricati sviluppi della vicenda, mi limito a dire che la provvidenziale rottura dei propri occhiali gli avrebbe fatto incontrare la donna in grado di fargli conoscere i sopravvissuti della “rivoluzione dei garofani” (quella che nel 1974 aveva posto fine alla lunga e feroce dittatura fascista di Salazar in Portogallo), nel cui ambito era maturata l’attività di Amadeu Prado, medico e fiero oppositore del regime.
Le parole e i ricordi degli ormai anziani protagonisti di quegli anni avevano messo in luce, oltre alle rispettive storie, dolorose e molto dure, anche le rivalità amorose e le gelosie violente e sanguinose che erano scoppiate fra Amadeu e un altro di loro: melodrammatica ricostruzione, che trasforma due coraggiosi studenti, che rischiavano la pelle per mantenere i collegamenti con altri antisalazaristi presenti nel paese, in due rozzi duellanti rusticani in lotta per il possesso di una donna…
Il regista, pur avvalendosi di una bella fotografia e di un discreto cast di attori, ha dato vita a un film dai contorni grossolani, attento a soddisfare soprattutto il pubblico che cerca le emozioni più facili, incline alla lacrima liberatoria, che lo ha amato, infatti, al di là dei meriti, spesso del tutto incurante delle stroncature severe dei critici.
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