Regia di Paolo Nuzzi vedi scheda film
1960, esce La dolce vita; fra i tre aiutoregisti compare anche il nome di Paolo Nuzzi: tanto basterà qualche anno dopo a lanciarlo nella carriera dietro la macchina da presa. Qualche esperienza televisiva e documentaria e quindi il debutto cinematografico vero e proprio con questo lavoro tratto dal romanzo omonimo di Piero Chiara e sceneggiato dallo scrittore, dal regista e da Maria Pia Sollima. E' una storia di Vitelloni ambientata in un paesino di provincia in stile Amarcord negli anni del fascismo, insomma gli stessi di Roma; ma non solo è inutile tentare azzardati paralleli fra il Maestro di Rimini e questo allievo non molto dotato: è, anzi, un paragone semplicemente umiliante a sfavore del secondo. Perchè la visione d'insieme di Fellini viene qui sbriciolata in una serie di scenette indipendenti fra loro e di personaggi sì, popolari, ma nel senso peggiore del termine: guardoni, satiri all'azione, fanfaroni da bar; laddove il primo tratteggiava ingenuità, il secondo disegna goliardia, dove il primo raccontava con una benevolente terza persona (ride con le sue creature), il secondo prende le parti di un personaggio per stigmatizzarne altri e metterli in burla (ridere di loro). Per questo Il piatto piange somiglia più ad un Pierino che ad un Amarcord: e la differenza fra i ruoli interpretati da Alvaro Vitali nei due film spiega esaurientemente ciò che qui si intende dire. Si salvano ad ogni modo la colonna sonora di Micalizzi e le interpretazioni dei buoni elementi del cast, da Aldo Maccione ad Andrea Ferreol, da Agostina Belli a Bernard Blier, fino ad Erminio Macario che qui compare, con una macchietta, per la penultima volta su una pellicola. 4,5/10.
Mentre imperversa il fascismo, in una cittadina lombarda un gruppetto di uomini di mezza età (tutti personaggi rispettabili del paese) si ritrovano per giocare a carte e raccontarsi le avventurette amorose vissute; uno di loro, Mario, contrae la sifilide e si sente spacciato...
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