Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
L’atteso ritorno di Guillermo Del Toro, autore messicano pressoché riconosciuto non più solo come il responsabile di blockbusters maturi e di un certo valore, ma da tempo padrone di un certo stile personale che lo individua e distingue tra la folla dei molti ben intenzionati, privi tuttavia di sufficiente personalità per aspirare a qualcosa di più che meri lodevoli esecutori di ordini, non esaltava le mie più ferventi attese. Questo in quanto un residuo irriducibile di pregiudizio presente in me, che spesso cerco di ricacciare non senza fastidio, ma che a volte torna prepotente e a tratti incontrollabile, associava la presenza di un film con robots giganti alle infinite (e insopportabili) vicende della saga dei Trasformers.
Per fortuna l’equivoco si è presto chiarito e Pacific Rim costituisce certo ed in effetti un ritorno sulla carta grossolano e plateale del re dei blockbuster fragorosi e dirompenti (ma Hell boy non è certo solo quello), ma senza rinunciare innanzi tutto alle atmosfere retrò presenti in tutta l’opera precedente: e pure risulta notevole e piacevolmente affascinante l’accumulo di scenografie sature di ingranaggi e apparecchiature, dove la meccanica d’antan sostituisce o dà preferenza all’elettronica, anche quando si tratta di dar vita a macchine terrificanti, a “mostri creati per distruggere altri mostri”.
Si perché una falla apertasi in mezzo all’oceano Pacifico in un futuro imprecisato, rende possibile ad un’orda di draghi enormi (chiamati Kaiju) di emergere in superficie ed invadere il globo terrestre, seminando morte e distruzione.
Senza riuscire a contenere minimamente la minaccia, gli Stati sovrani della Terra si trovano costretti a fare comunella, unire forze ed intelligenze per creare armi adeguate, in grandezza e risposta di fuoco, a fermare la minaccia devastante: macchine da guerra denominati “Jaegers”, così sofisticate e complesse che un solo essere umano non si rivela sufficiente a condurle e farle combattere: risulta infatti necessaria la presenza combinata, fisica e mentale, di due individui, che siano compatibili caratterialmente e in sintonia di riflessi e di movimenti: tra i soldati volontari, primeggiano per resa, determinazione e risultati in battaglia, due valorosi fratelli, uno dei quali viene ferito a morte dopo una delle molte battaglie concluse con successo. E mentre i mostri non cessano a fuoriuscire dalla falla che si è creata in mezzo al mare, creando una vera e propria porta per l’inferno, ecco che i terrestri cominciano a perdere terreno, i robots a usurarsi e a risultare sempre meno efficaci. Finché il giovane e dinamico pilota incontra una giovane intraprendente ragazza senza esperienza che gli tornerà a fornire la motivazione e l’intesa perfetta per tornare a costituire una minaccia per gli irriducunili Kaiju.
Dinamico, adrenalinico pur se non sempre proprio appassionante, il film di Del Toro trova salvezza nella visionaria capacità scenografica del regista che diviene, come sopra accennato, il suo marchio di fabbrica, un fiore all’occhiello che pone il prodotto diversi gradini sopra la vuota roboante superficialità di un qualunque blockbuster alla Michael Bay (Transformers in testa!).
E se, come osservato giustamente da tanti, le atmosfere ricordano molto i fumetti e le atmosfere apocalittiche di certi adorati manga anni Settanta che hanno costituito la gioia di molti quarantenni di oggi, è altresì innegabile che lo sguardo autoriale di Del Toro si rivolge anche a tanto cinema giapponese fatto in casa e al risparmio, con mostri e draghi minacciosi solo in parte ridicoli, Godzilla in testa. Interpretato da attori pressoché sconosciuti (forse anche per non incrementare con inutili costi a favore di star dallo scarso valore aggiunto, spese di produzione peraltro certamente ingenti), Pacific Rim vince soprattutto per il suo animo piacevolmente retrò e datato che lo rende accattivante e a tratti stimolante. Immancabile e prezioso risulta il cameo del massiccio irresistibile Ron Perlman, mentre un granitico Idris Elba riesce con l’andar del tempo a conferire al suo personaggio altamente stereotipato, sfumature inconsuete e apprezzabili.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta