Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Dove eravamo rimasti? A trenta e passa anni fa, quando, bambini o adolescenti, divoravamo le avventure di gigantesche macchine antropomorfe che difendevano la Terra da attacchi provenienti dallo spazio. Eravamo dunque rimasti ad Atlas Ufo Robot, a Jeeg e a Gundam. Quel "dove eravamo rimasti?" non ho decisamente potuto fare a meno di pensarlo quando mi sono trovato di fronte alle immagini di Pacific Rim, ultimo lavoro di Guillermo Del Toro.
Viene ben più di un sospetto che il regista, al pari di molti della sua generazione (è nato nel 1964), sia cresciuto con il mito dei robot giganti tipici della fantascienza giapponese a cartoni animati (tecnicamente si parla di anime del genere mecha), che travolsero milioni di ragazzi in tutto il mondo.
Poi, procedendo con la visione del film, il sospetto diventa certezza: siamo di fronte a un omaggio, straordinario, a un modo ben definito di narrare storie, di fare fantascienza. Perchè dovunque possa essere girato un film, quando sullo schermo vedi un macchinario semovente dalla forma umanoide, alto un centinaio di metri, che si trascina dietro una nave per usarla come mazza contro il nemico, sai benissimo che chiunque abbia creato quelle immagini è un debitore degli Ufo Robot giapponesi. In questa ottica va intepretata questa ultima fatica del regista di origine messicana, e persino certe "inesattezze" della storia, certi passaggi poco delineati in cui la sceneggiatura pare traballare un pò acquistano un significato diverso se visti con la lente dell'appassionato di quelle epopee.
La vicenda ricalca altre già viste in altri contesti: un passaggio ultra-dimensionale (una faglia in fondo all'Oceano Pacifico) porta sul nostro pianeta dei mostri giganteschi, i Kaiju, esseri terrificanti simili a draghi (il termine, come ormai è risaputo, è nipponico e indica tutta una serie di mostri creati in un contesto di storie fantascientifiche nel Giappone del dopoguerra, quasi ad esorcizzare la paura per il nucleare che per ben noti e tristi motivi attanagliava quel paese).
Alla minaccia l'umanità disperata reagisce creando armi potentissime, sotto forma di Robot giganti, gli Jaegers, comandati da due piloti in interconnessione neurale fra di loro.
Ma dopo le prime vittorie ci si rende conto che i Kaiju sono ben lungi dall'essere sconfitti e solo una mossa disperata può salvare il pianeta da un'invasione che pare inarrestabile.
Insomma niente di nuovo o strabiliante. ma è questo il punto: ciò che piace di questo film non è l'elemento di novità.
All'opposto ciò che attira lo spettatore è proprio quel ritorno a emozioni vissute un bel pò di tempo fa, quando i mostri alieni introdotti da illegibili scritte in giapponese erano di casa sui teleschermi.
Descritto così si potrebbe (legittimamente) pensare ad un prodotto per nostalgici. E invece no, qui entra in gioco l'abilità del bravo Del Toro, che ha saputo metter su uno spettacolo mica da ridere, e soprattutto riesce raccontare la sua storia senza mai cali di tensione, affascinando anche gli spettatori più giovani che di Gundam e di Daitarn III hanno magari sentito parlare dai fratelli maggiori (o dai genitori).
Le sofferte figure dei piloti, in particolari i protagonisti Raleigh (Charlie Hunnam) e Mako (Rinko Kikuchi, una giapponese ma guarda un pò la combinazione.....), entrambi in lotta non solo contro i kaiju ma anche con i mostri del loro subconscio, non possono non ricordare quelle non meno sofferte di Actarus, Hiroshi o Peter Rei.
Negli anime mecha poi era sempre presente una figura forte, una sorta di punto di riferimento per gli eroi (pensiamo al dottor Procton di Goldrake ma anche al Garrison di Daitarn III) ruolo che qui è cucito su uno straordinario Idris Elba, probabilmente il migliore dell'intero cast, che impersona Stacker Pentecost, capo indiscusso dei piloti.
Persino i due ipercaricaturali scienziati (i quali nella loro comica demenza sapranno comunque trovare la chiave per capire le mosse del nemico) rimandano ad analoghe figure che erano immancabili in quelle storie.
Sui kaiju e sul chiaro riferimento ( a partire dal nome) ai mostri della SF made in Japan degli anni '50 e seguenti si è già detto, osservando però certe loro forme dragonesche e tentacolate nonché l'origine dagli abissi marini, e ben conoscendo la passione del regista per un certo Lovecraft (riusciremo mai a vedere Le Montagne dell Follia?), viene naturale pensare a un omaggio nascosto (ma neanche tanto) a Cthulu e affini.
Pellicola imperdibile per chi è cresciuto con Actarus come nume tutelare, ma assolutamente godibile e straordinariamente avvincente per ogni spettatore.
A dimostrazione che fare bel cinema a volte significa anche fare dell'intrattenimento di alto livello.
Quattro stelle indiscutibili!
"Per combattere dei mostri, abbiamo creato mostri"
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