Regia di Yvan Attal vedi scheda film
Prendi un filmetto indipendente americano meno carino e più serio e logorroico di come potrebbe a prima vista apparire, malizioso e molto parlato nella migliore tradizione Sundance, prendi un attore conosciuto ed apprezzato in territorio francese che tenta già da qualche anno di farsi valere ed apprezzare nel campo della regia; completa il tutto con un cast altisonante che i manifesti che da mesi tappezzano tutta Nizza (CLUZET-CASTA-ATTAL-ARGENTO-GAINSBOURG) esaltano e certo non minimizzano; ecco servita la commedia sexy/glamour di fine anno, almeno sulla carta.
Ma se Humpday di qualche anno fa traeva il suo maggior lato d’interesse nel fatto che fosse diretto da una donna, che in qualche modo rimetteva in discussione, con una certa disinvoltura ed ironia, luoghi comuni anche abusati da certa filmografia scollacciata come amicizie virili e complicità maschili spesso taciute o certo non sbandierate come invece accade più naturalmente sul “coté” femminile, questa riproposizione non fa che esaltare il lato superficiale e stupido del maschio facilone che “sa tutto lui”, che non si tira indietro nell’affrontare sfide per lui impossibili, che è convinto di riuscire a far fronte ad ogni situazione a prima vista irrisolvibile o assurda.
E se da un lato vedere assieme (per la prima volta?) due attrici “maledette” abbonate allo scandalo e piuttosto avvezze a cavalcare il lato più torbido della femminilità senza tirarsi indietro da freni inibitori che mal si accompagnano con la loro spiccata personalità (stiamo parlando naturalmente della coppia Gainsbourg/Argento nel ruolo delle aizzatrici, di coloro che inducono i due ingenui e faciloni amici - davvero molto scemi - reincontratisi dopo anni ad un party, a partecipare ad un noto festival pornografico non privo di velleità artistiche, con una performace che li coinvolge reciprocamente in prima persona), è sicuramente l’aspetto più interessante di tutta la pellicola, significa anche che tutto il resto (e rimane purtroppo davvero poco altro) è calma piatta, tra grossolano cameratismo da quattro soldi e battibecchi amorosi tra un Attal goffo e poco partecipe una Casta magnifica ma insopportabile.
Certo la notte insonne tra i due uomini soli, in una anonima stanza d’albergo, nel tentativo penosamente vano di sbalordire loro stessi, prima che gli altri, con una performance che necessariamente risulta impossibile da sostenere senza una adeguata motivazione “interiore”, crea senza dubbio nello spettatore, anche in quello pronto alla risata greve, quell’angoscia e quel vuoto interiore che forse era il solo lato in cui indirizzarsi se proprio si desiderava riproporre una variante europea al piccolo ma a suo modo riuscito film indipendente americano.
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