Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film
Non si deve giudicare un film (solo) in base alla tesi politica o filosofica o religiosa che il regista vi propone, ma certamente non lo si può giudicare se non lo si capisce. E credo che molti abbiano radicalmente frainteso la tesi che Il pianeta delle scimmie inculca nel pubblico a livello inconscio: fin dall’inizio, e ancora oggi, viene lodato per il suo messaggio contro l’oscurantismo religioso e i testi sacri, mentre il film dice proprio il contrario.
L'astronauta Taylor sbarca su un pianeta abitato da scimmie intelligenti come da noi gli uomini (o poco meno) e da uomini rozzi e privi di linguaggio come da noi gli scimpanzè, che vengono catturati, studiati, esposti in gabbia. Il capo scientifico e religioso vieta lo studio degli uomini e l'indagine preistorica su un passato in cui gli uomini erano forse più intelligenti e organizzati delle scimmie, alla base della civiltà attuale. Dapprima il divieto sembra fanatico e ingiustificato, basato solo su ordini delle sacre scritture, e il film si propone apparentemente come satira o apologo antireligioso, contro le restrizioni alla ricerca scientifica. Ma poi il capo avverte che ci sono motivi per questi divieti, legge un passo delle scritture che mette in guardia dal pericolo di studiare l'uomo, che usa la violenza contro la propria specie e distrugge se stesso e il suo pianeta. Taylor prosegue la sua ricerca e trova la bella trovata del film, che non andrebbe detta prima, ma che si riduce a una facile battuta, coerente a quella iniziale di un pianeta capovolto fra uomini e scimmie: è il nostro pianeta, e il viaggio di Taylor non è avvenuto nello spazio, come lui credeva, bensì nel tempo, ricadendo sulla terra dopo mille o duemila anni; lo capisce trovando i resti della statua della libertà, e piange sulla follia dell'uomo che si è distrutto con la ricerca nucleare e dà ragione al sacerdote che vieta la ricerca libera: viva la scrittura e la sua teologia oscurantista che ci protegge dagli eccessi della scienza sfrenata che ci porta al male e all'autodistruzione. Mereghetti (come tanti altri) ne ha stravolto il senso e lo legge come satira antireligiosa; con analoga fantasia ha fatto di Nova, la donna dello zoo priva di linguaggio, una superstite compagna di viaggio di Taylor.
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