Regia di Robert Lorenz vedi scheda film
L’ultimo dei classici davanti alla macchina da presa. Il texano dagli occhi di ghiaccio buca sempre l’obiettivo, ma stavolta non ci sono torti da raddrizzare o pistole da estrarre, perché la sfida che Gus Lobel deve sostenere è contro la vecchiaia. Di nuovo in gioco è la parabola discendente di un uomo al crepuscolo. Gus Lobel, diversamente da Walt Kowalski, non è un personaggio bigger then life, ma un uomo come tanti, alle prese con un rapporto irrisolto con la figlia e con i problemi senili che alterano l’esistenza di tutti i giorni. Il cowboy di Rawhide, consacrato divo sui set capitolini, oggi è un attore. Gus Lobel fuma spesso il sigaro, ma Eastwood non ha più due espressioni. In Di nuovo in gioco lo vediamo in un’immagine inedita, con gli occhi lucidi sulla tomba della moglie. Là, dove Josie Wales giurava vendetta, Gus Lobel chiede aiuto e conforto. Di nuovo in gioco si regge tutto sulla prova d’attore di Clint Eastwood, nonostante gli attori vengano messi alla berlina, con le battute su Redford e De Niro. Tutto il resto è una vicenda fin troppo scontata, imperniata sui facili conflitti tra progresso e tradizione, caduta e riscatto, carriera e realizzazione personale. Il punto migliore del film è il rapporto padre figlia, che non eccede in drammi e rimane in una dimensione realistica. Di nuovo in gioco con Clint dietro la macchina da presa sarebbe stato tutto un altro film, ma l’Eastwood regista avrebbe offuscato l’Eastwood attore. Forse questa può essere la chiave di lettura del film: un Eastwood che sa affermarsi, bigger then life, anche come attore.
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