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Di nuovo in gioco

Regia di Robert Lorenz vedi scheda film

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La recensione su Di nuovo in gioco

di barabbovich
4 stelle

Era dai tempi di Nel cento del mirino, anno di grazia 1993, che Clint Eastwood non si prestava come attore per un film che non fosse suo. Con Di nuovo in gioco (pessimo adattamento di Trouble with the curve, che fa riferimento alle traiettorie curve in lancio nel gioco del baseball), l'ormai ottantaduenne Clint interpreta Gus, un talent scout del baseball dal passato glorioso ma dal presente difficile. La sua vista comincia ad appannarsi e le nuove tecnologie - messe anche al servizio delle analisi sportive - sono per lui un concorrente sleale, al punto che nel team nel quale si è distinto per decenni scoprendo enormi talenti qualcuno vorrebbe silurarlo proprio per via dei suoi metodi all'antica. Come se non bastasse, il rapporto con la figlia quasi trentenne (una scialba Amy Adams), brillante avvocatessa, è alquanto difficile. Dopo la morte di sua moglie, Gus ha dovuto crescerla da solo, trasformandosi programmaticamente in un padre assente per evitarle una vita difficile. La missione di scovare un nuovo talento del baseball in vista dell'anno che sta per iniziare diventa per padre e figlia l'occasione per ritrovarsi e raccontarsi.
L'esordiente Robert Lorenz, già assistente alla regia per lo stesso Eastwood, non riesce che a produrre una copia sbiadita dell'arte del Maestro, dirigendo un film nel quale inanella uno dopo l'altro una serie di stereotipi sulla cultura americana: dal baseball ai saloon travestiti da pub dove si suona la musica country, Di nuovo in gioco è un film tutti dicono "wow!" e nel quale non manca neppure l'icona pop delle teenager, Justin Timberlake, messo lì come specchietto per le allodole. Ci mancavano soltanto i poster di Marilyn Monroe, i riferimenti alla guerra del Vietnam e la statua della libertà e il quadro sarebbe stato completo. L'unico motivo di interesse del film sta nella dialettica tra vecchio e nuovo, ma anche in questo caso la sceneggiatura si gioca il suo asso in maniera didascalica e pure il finale, che dà un senso al titolo originale del film e spezza il ritmo monocorde dell'opera, è ampiamente telefonato.   

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