Regia di Anatole Litvak vedi scheda film
Grosso successo commerciale di Françoise Segan, allora golden girl o enfant terrible che dir si voglia della narrativa internazionale, Le piace Brahms? è un film che trova la sua fortuna, onestamente piuttosto relativa, nella contaminazione. La prima contaminazione è tematica: il filone delle contraddizioni borghesi nella loro sfera sessuale finanche morbosa (vedi Buongiorno tristezza!, l’altro celebre adattamento seganiano ad opera dello scafatissimo Otto Preminger) con il “women’s film”, tipico del melodramma americano delle decadi precedenti. La seconda è nella voce: l’esule ucraino Anatole Litvak, negli States già da trent’anni, riesce a coniugare gli stilemi più retorici del mélo americano con una dimensione francese quasi da cinema di papà, con profluvio di immagini da cartolina e repertorio di stereotipi. Eppure il film funziona, un classico piacere inconfessabile, forse proprio in virtù di questa sua ibrida leggerezza che lo rende assolutamente affascinante, empatico, nostalgico.
Ingrid Bergman, Anastasia da Oscar con Litvak, ha l’occasione di rivendicare la maturità della sua recitazione con un personaggio che non deve ostentare una giovinezza che sta magnificamente sfiorendo. E l’eclettico Anthony Perkins è meraviglioso nel ritratto di un giovane romantico colto in tensione edipica verso la malinconica signora. Pioggia, violini, abbracci, sorrisi e un dialogo da mandare a memoria per tenerezza e timore dell’amore (Paula: Phil, da quanto tempo è qui? – Phil: Non lo so. – Pa: Ma è bagnato fradicio! – Ph: Dovevo vederla! Ho provato... – Pa: Sì, capisco... – Ph: In questi giorni non so più cosa ho fatto e dove sono andato. E lei? – Pa: Oh, io ho lavorato, visto qualche collezione, comprato un vestito... Stanno rifacendo la strada sotto casa mia. – Ph: Oh, lo so, ci sono quasi sprofondato con la macchina).
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