Regia di Ramin Bahrani vedi scheda film
Continua l'epopea radical chich di Ramin Bahrani all'insegna di un ritratto in chiaroscuro delle moderne declinazioni del sogno americano, tra il mito country che si riconverte all'agonismo automobilistico e le strategie commerciali di una Corn Belt quale dominio incontrastato di agricoltori fraudolenti e multinazionali del geneticamente modificato
Rimasto l'unico figlio a doversi occupare della fattoria di famiglia, dopo la partenza del fratello maggiore, Dean Whipple è diviso tra gli obblighi verso un padre venale e arruffone e la sua passione per le auto da corsa. Dopo una cocente delusione agonistica ed i problemi commerciali dovuti all'avventatezza del genitore, cerca di reagire con risolutezza e convinzione, ma lo fa nel modo sbagliato e rischia di pagare un prezzo troppo alto. Sarà proprio il padre a venirgli in soccorso.
Continua l'epopea radical chich di Ramin Bahrani all'insegna di un ritratto in chiaroscuro delle moderne declinazioni del sogno americano, tra il mito country che si riconverte all'agonismo automobilistico e le spregiudicate strategie commerciali di una Corn Belt quale dominio incontrastato di agricoltori fraudolenti e multinazionali del geneticamente modificato. Il risultato però è una favoletta patetica e predicatoria in cui il classico conflitto generazionale ed il mito di un successo ottenuto per le vie brevi, finiscono per costituire i semplici specchietti per le allodole per la solita storia di tradimenti morali e solidarietà familistica che se da un lato battono un colpo al cerchio delle contraddizioni di una cultura rurale inquinata dal glifosato e dall'ingordigia dall'altro percuotono la botte di una malintesa virtù della connivenza e dell'omertà che giustifichino l'immancabile happy end di prammatica. Peccati mortali per un film indipendente che ricalca gli stilemi di un cinema Indie che almeno in un paio di occasioni vira verso l'elegia del sentimentalismo a tutti i costi (La God Bless America al rodeo delle Nascar, l'occultamento di cadavere che manco Cosa Nostra) e dall'altro ci propina i luoghi comuni più retrivi del plot di denuncia all'acqua di rose Made in L.A. (Promise Land) con attori di grido che scimmiottano i sornioni epigoni di una cattiva coscienza della profonda provincia del Midwest. Decisamente prevedibile nella sua progressione drammaturgica (se la prima tragedia è mancata, la seconda manco per niente), finisce per sprecare l'ottima ambientazione nelle immense distese di campi di grano e parchi eolici che si stagliano contro gli sconfinati orizzonti dell'Illinois (o era l'Iowa?) ottimamente fotografati da Michael Simmonds. Attori improponibili tra un Dennis Quaid tutte moine che manco il Mel Gibson de Il fiume dell'ira ed un Zac Efron bello e colpevole che gioca a fare il (James) Dean delle situazione ma a cui si perdona quasi tutto. Aridatece Marfa Girls. Nomination al Leone d'Oro al Festival di Venezia 2012.
Quando le colpe dei figli ricadono sui genitori.
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