Regia di Jean-Louis Comolli vedi scheda film
Prima di partire per il Brasile, l'anarchico pisano Giovanni Rossi fu salutato con grandi onori al mio paese, che era il luogo di nascita di sua madre, nonché il posto dove egli, veterinario ed agronomo, aveva allestito un vivaio per i suoi esperimenti sulle piante. Ho visto una fotografia che testimonia della festa di saluto per Giovanni Rossi, che coinvolse un intero paese e non soltanto gli anarchici.
Per questa ragione, che definirei affettiva, vorrei dare al film di Comolli le cinque stelline. Una valutazione più oggettivamente cinematografica impone, invece, di fare la tara sul sentimento personale. La pellicola, infatti, è una (forse non tanto fredda) cronaca che, con pochi soldi a disposizione, cerca di raccontare un'esperienza, più che politica sociologica, più unica che rara nel panorama italiano. Tanto peculiare che poté essere realizzata in Brasile e, cosa che appare contraddittoria, grazie alla concessione di un imperatore (per la precisione, Pedro II del Brasile).
Sebbene a posteriori lo stesso Giovanni Rossi lo dichiarasse riuscito, l'esperimento della Cecilia non si risolse positivamente, un po' come accade nel finale della Locomotiva di Guccini: «la storia ci racconta come finì la corsa, la macchina deviata lungo una linea morta...». È difficile, infatti, scacciare dalla mente le impostazioni borghesi, e perfino persone bene intenzionate da questo punto di vista come gli anarchici non riescono a sfuggire al pregiudizio, tanto che i contrasti tra i comunardi intervengono proprio in merito alla proprietà privata (recintare o meno il terreno concesso dall'imperatore?), alla famiglia ed al rapporto di coppia.
La storia, dunque, ci racconta come finì la corsa: il cassiere della comunità fuggì con la borsa. Per di più, l'imperatore fu rovesciato da una rivoluzione che instaurò la Repubblica, la quale revocò subito la concessione fatta dall'imperatore agli anarchici italiani. E così ebbe fine l'esperimento della Comune anarchica denominata Cecilia, in onore dell'immaginaria musa della libertà.
Il regista francese Comolli, in un contesto di poverismo produttivo (la campagna che si vede nel film non ricorda neanche lontanamente quella del Paranà), compie un'opera meritoria, grazie ad attori bravi, come Foschi (reduce dall'Orlando furioso televisivo di Ronconi), la Carta, Mezzogiorno, Pelligra, anche se le immagini si concludono come la corsa della locomotiva gucciniana, deviata lungo una linea morta.
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