Regia di Gian Luigi Polidoro vedi scheda film
C'è molto della commedia all'italiana (un'armata Brancaleone del teatro di provincia, un'impresa delirante ad opera di uno sgangherato gruppetto di mediocri), c'è un Tognazzi strepitoso (e non si sottovaluti mai il grande Franco Fabrizi), c'è la buona mano di Polidoro in regia, ci sono le musiche di Rustichelli e la sceneggiatura che porta le firme di Polidoro, Azcona, Benvenuti e De Bernardi. E' una - forse troppo semplicistica - parabola sulla degenerazione del potere, nell'ambito del teatro come in quello della vita reale, e parallelamente viene esplicato il continuo interscambio fra finzione e realtà che ci porta spesso a confondere le due dimensioni. Pistone/Tognazzi pare essere il più fermo sostenitore del realismo: si batte con pragmatismo assoluto per creare una concreta opportunità di sopravvivenza alla sua compagnia, salvo poi finire fagocitato nel delirio di onnipotenza del suo stesso ruolo di attore e subire le relative conseguenze (dal farsi un'amante al dispotismo verso i suoi colleghi, fino ad una falsa fucilazione subita). Per quanto le intenzioni siano buone, però, la pellicola rimane sempre Tognazzi-centrica e non definisce mai il suo reale spirito, fra surreale, inverosimile e grottesco; inoltre finisce per dare ragione - in un certo senso - al mondo della finzione: la realtà è più crudele di qualsiasi sua proiezione. 5,5/10.
Il capocomico di una compagnia teatrale allo sfascio, per risollevare le sorti del gruppo, scrive un testo intitolato Claretta e Ben: è la storia d'amore fra Mussolini e l'amante Petacci. Se non farà successo, quantomeno farà scalpore; intanto il capocomico assume il ruolo e le sembianze del duce anche nella vita reale...
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