Regia di Jay Roach vedi scheda film
Fiacchissima commedia da riporto, modesta nella fattura e nelle intenzioni, Candidato a sorpresa si rivela un filmetto vacuo innocuo a corto di fiato, di idee e di umorismo. Che qui evacua in una mesta nuvoletta dai colori sfocati e dalla consistenza tutt’altro che rilevante, e raggiunge una dimensione da barzelletta. Difatti, il film di Jay Roach, ben lungi dal possedere il benché minimo spirito dissacratorio, altro non è che una comoda qualunquista inoffensiva mescolanza di sketch appiccicati uno dietro l’altro.
E, francamente, di film a tema elettorale, sia dai toni brillanti come questo sia di quelli più seri-drammatici, non se ne può più. Una letteratura sterminata oltre le effettive e plausibili richieste. E hanno iniziato a stufare, perché assistere all’ennesima campagna fatta di malefatte, piccoli grandi complotti, colpi bassi, doppi giochi, omuncoli disposti a tutto, verità nascoste e balle in bella vista, ha un continuo poco gradevole sentore di déjà vu. E se poi l’ispirazione non è tra le armi a disposizione si può ben comprendere - ma non accettare di buon grado - il disagio.
Il fatto evidente è che abbiano voluto giocare facile tralasciando tutto il resto, e così invece di avere una commedia sagace e divertente abbiamo una farsa in piena regola. Come a dire: puntare l’intera posta sulla coppia d’assi - due pesi massimi della comicità made in USA come Will Ferrell e Zach Galifianakis - e confidare nella buona sorte, in un esito favorevole, ossia il supremo incasso.
Certo, sulla carta si tratta di un duo strepitoso, potenzialmente devastante e ad alto “rischio” di provocare incontenibili risate e godurioso sollazzo. Beh, non accade. Per quanto essi, con le loro pose, facce, espressioni, movenze riescano a suscitare (isolati e fugaci, trattenuti) ghigni, l’ilarità contagiosa è un miraggio nel bel mezzo di un deserto (di idee). I due, sospinti per inerzia da aridi venticelli creativi, agiscono in modo meccanico, mortificati, come sono, da una sceneggiatura e una generale atmosfera generale intrise di vapori e umori pagliacceschi.
La contrapposizione tra il paludato, meschino, agiato membro del congresso Cam Brady (Ferrell) e l’outsider pacioccone e un po’ tonto Marty Huggins (Galifianakis), in teoria interessante anche se stravista, non genera effetti degni di nota, essendo unicamente improntata ad una fiera puerilità, fatta di azioni sceme e reazioni ancor più sceme.
Candidato a sorpresa sembra sempre sul punto di esplodere, finché non ci si accorge che sta volgendo, sbrigativamente e mosciamente, al termine; e allora diviene chiaro che l’innesco era solo un “simpatico” bluff.
In sostanza, visto il trailer che raccoglieva gli esili momenti migliori (che non raggiungono mai livelli accettabili di causticità e sana cattiveria), s’è capito, visto, digerito il film. E - appena un secondo dopo i titoli di coda - spurgato nel dimenticatoio.
Anche se il finale, con i due rivali che si alleano contro i cattivi fratelli burattinai Motch (interpretati da Dan Aykroyd e John Lithgow) che avevano “scommesso” su di loro - evidente il richiamo a quel piccolo grande gioiello che è Una poltrona per due del grande John Landis - lascia un lieve irritante tanfo di blasfemia.
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