Regia di Philippe Le Guay vedi scheda film
Un attore, che ha raggiunto la celebrità grazie a un telefilm di ambientazione ospedaliera, va a trovare un ex collega più esperto che si è ritirato dal mondo: vuole convincerlo a recitare con lui a teatro nel Misantropo. Una di quelle cose che i francesi sanno fare con il pilota automatico, specialmente quando decidono di giocare in casa mettendo in scena Molière: la commedia dei sentimenti, con interpreti gigioni e dialoghi scintillanti. Qui però il risultato è inferiore a quanto le premesse facevano aspettare: il film si mantiene fin troppo serio, quasi cupo, e sembra rinunciare volutamente a cogliere le occasioni per far ridere. Tutto si risolve in un meccanico rispecchiamento fra arte e vita (che era riuscito meglio per es. al Kechiche di La schivata): ci sono due vecchi amici che sotto sotto si odiano, le loro schermaglie infantili e una bella divorziata che fa esplodere le tensioni latenti. Ci sarebbe anche una scena simil morettiana (Maya Sansa che canta Il mondo mentre guida), ma non c’entra nulla. Il titolo italiano è un tipico esempio di banalizzazione: Alceste è il protagonista del testo originale, e l’allusione deve essere sembrata troppo colta.
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