Regia di Philippe Le Guay vedi scheda film
Attore di successo televisivo visita l’Île de Ré, isola di 85 km2 nell’Atlantico, a 3 km dalla costa francese: è lì per convincere un illustre collega in esilio - dal teatro e dalle ipocrisie dell’ambiente - a portare in scena Il misantropo di Molière. I due provano per una settimana, riversando nei versi recitati sentimenti e risentimenti, rancori e rimpianti, questioni morali e rivalse professionali. E trasformando il salotto di casa in un teatro di guerra a suon d’alessandrini, la drammaturgia della pièce in quella della vita vissuta. Intorno ai due, Fabrice Luchini e Lambert Wilson, a turno Alceste e Filinte, una Maya Sansa che aggiorna e rispecchia in Alceste il carattere di Celimene. Da un’idea di Luchini, il film di?Le Guay manda in abisso il côté autobiografico di Il misantropo (per Molière rigurgito e lenimento personale), e ne fa lo scandaglio per una possibile élite dello spettacolo odierna, lasciando che la sempiterna attualità del testo frantumi il vaso di Pandora e il teatro della vita degli attori. Se la sceneggiatura annaspa nei minuti, basata com’è su un unico spunto, è quando si discosta dal proprio terreno intellò che quest’ennesimo esempio di cinema medio e piccolo borghese, stereotipicamente francese, finisce per sconfortare: le gag slapstick, così come i bozzetti comici di contorno, sono patetici ammicchi nazionalpopolari decisamente fuor di misura. In ogni caso, dove possibile, recuperatelo in originale, così da preservare quantomeno il narciso e virtuosistico gigionismo di Luchini.
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