Regia di Pete Walker vedi scheda film
Un film privo di qualunque spunto sia sul piano narrativo che su quello stilistico. Scritto male, diretto peggio e con una colonna sonora che offende i timpani. Opera di un regista inglese inopportunamente rinomato a suo tempo, che oggi meriterebbe d'essere ridimensionato... e di parecchio.
Per sfuggire ad una situazione familiare spiacevole, Marianne (Susan George), si è ridotta a sopravvivere facendo l'entreneuse in locali notturni. Braccata da un paio di scagnozzi inviati dal padre (Leo Genn), soprannominato "il giudice", Marianne nella fuga finisce in macchina con Sebastian (Christopher Sandford) con il quale poi, a distanza di pochi giorni, convola a nozze. Ma il matrimonio viene contratto, per errore (voluto da Marianne) con Eli (Barry Evans). La ragazza conosce un codice di sicurezza, dietro al quale è racchiuso un cospicuo ammontare di banconote, nonché altri documenti di valore: si tratta di un capitale sottratto dalla prima moglie del giudice, madre di Marianne, al quale punta ora la sorellastra Hildegard.
Dalla improbabile e improvvisata sceneggiatura, opera di un maldestro imitatore (Murray Smith) del sexy giallo lenziano, l'inadatto Pete Walker ricava un film-sonnifero (altro che valium!) in grado di spazientire anche il più coraggioso degli spettatori. Non solo per una serie di risvolti che non hanno alcuna attinenza con il verosimile (ad esempio la lunga, sfiancante, scena finale post tentato delitto in sauna) ma per la totale mancanza di elementi cinematografici di base. Tolto l'incipit psichedelico con striptease suggerito e virato in rosso, e al netto di un mezzo minuto con uso interessante dello split screen, Walker si abbandona all'inedia, girando scene -da cartolina turistica- completamente anonime e prive di ritmo. Marianne, fuga dalla morte manca completamente di erotismo (nonostante la presenza della sensualissima Susan George, qui sorta -per somiglianza fisica- di Gloria Guida ante litteram) e non sfiora nemmeno per un istante tematiche thriller. La probabile intenzione di imitare i coevi (e di successo, tipo Orgasmo) gialli con Carroll Baker si rivela essere un disastro a causa del pessimo script e soprattutto per colpa di una direzione distratta, messa in atto con pilota automatico da un cineasta che -con il passare degli anni- merita di essere riconsiderato, ma in senso contrario alla rivalutazione. Sopravvalutato dalla critica del tempo per la regia di maldestri horror -ingiustamente ben voluti anche dalla critica togata- tipo Nero criminale, La terza mano o La casa del peccato mortale, Walker è stato -erroneamente- ritenuto una colonna portante della cinematografia inglese. La sua filmografia -con inguardabili pellicole autoprodotte solo per finalità meramente commerciali, tipo questo Marianne- sta invece a ricordarci che in quegli anni il cinema italiano, messo a confronto con i suoi epigoni da tutto il Mondo, era inarrivabile. Qualunque cineasta nostrano, fosse anche un Polselli "minore", di fronte a Walker era davvero un genio.
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