Regia di Sacha Gervasi vedi scheda film
Oh, Buona sera. Vorrei cominciare con una barzelletta. È di Hitchcock. Due capre hanno appena terminato di mangiare una pellicola cinematografica. “Che ne pensi?”, chiede una. “Ti dirò”, risponde l’altra, “ho preferito il libro”.
Ora parliamo di “Hitchcock”, il film di Gervasi. Ho preferito il libro. Ok, questa era una battuta, ma prima di scendere dal picco appenninico vorrei veramente dire che a dispetto del pensiero Hitchockiano che condivido pienamente, un confronto libro-film non è fuori luogo. Quale libro? “Il cinema secondo Hitchcock” di Truffaut, per esempio. Ma anche tutte le altre interviste, fotografie, filmati d’epoca, materiali di repertorio e tutto ciò che ha potuto fornire un ritratto più intimo dell’uomo dietro la macchina da presa (anche se Hitchcock dietro la macchina da presa in senso lato, non c’è mai stato).
Ebbene, qualsiasi aneddoto, storiella, mania o abitudine che abbiate mai sentito nei confronti di Hitchcock sono tutti presenti nell’interpretazione/ricostruzione fornita da Gervasi e Hopkins. Anche se tra i due artisti c’è stata un’evidente differenza di approccio al progetto. Per Gervasi, questo ha tutta l’aria di essere il film della vita, e come ogni volta che si riempie un’opera di troppa passione per la prima volta, si rischia di perderne le redini ad ogni svolta. Fortunatamente non accade, ma più volte è sembrato sul punto di farlo. Un scena un po’ noiosa, una digressione non interessante, un carrello in meno, un colonna sonora non azzeccata… Ma fortunatamente non è ciò che rimane del film. Le tanto belle quanto deluse recensioni di Alan Smethee e OGM mi avevano un po’ preventivato, inducendomi ad indossare gli occhiali del critico dalla penna rossa. Poi il film è iniziato con un divertente pianosequenza, il noto jingle d’apertura della serie “Hitchcock presenta” e un frizzante titolone a tutto schermo con un pizzico di retrò. E già l’applauso saltellava impaziente di essere liberato. L’ho tenuto a bada e mi sono sistemato sulla sedia, sorridendo. Per rimanere in tema metto un po’ di suspense nella recensione: è arrivato l’applauso entro la fine del film?
Ma prima parliamo di Anthony Hopkins. A differenza del regista, alla passione ha preferito il divertimento. Sotto una massiccia dose di make-up che si può già apprezzare in trailers e locandine, il bravissimo (perché è sempre bravissimo) attore inglese non si è sprecato più d’un tanto limitandosi ad interpretare la parte in maniera corretta e appunto… divertita, riuscendo più nelle scene dal tono di commedia (la spassosa prima proiezione della scena della doccia) che in quelle drammatiche.
Il risultato di questo connubio tra passione e divertimento tuttavia non stride, bensì ci regala un film interessante e divertente, con alcuni momenti davvero esilaranti e straordinari. Ciò che invece manca è l’epicità, la leggenda, il mito (ed è strano per un prodotto Hollywoodiano). Gervasi ci ha provato, ma Hopkins non l’ha sentito come ciò che suggerisce il termine Biopic. Per cui dobbiamo accontentarci di qualche silhouette della nota sagoma panciuta.
E l’applauso infine non è arrivato, ma un po’ di commozione mista a risa nelle fantastiche battute finali (tra tutte un rapido dialogo sul red carpet dopo la premiere di Psycho tra Hitchcock e la moglie), quelle sì.
Concluderei ponendovi la stessa domanda che ci ha fatto Dario Argento qualche anno fa: “Do you like Hitchcock?”. Sì? Allora non potete perdervi questo film. Arrivederci, e buona sera.
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