Regia di Marina de Van vedi scheda film
Il tocco del male che vede e provvede, punisce e distrugge senza una apparente spiegazione logica o senza una motivazione plausibile. La regia rende lo spettatore partecipe privilegiato, testimone di una serie di eventi misteriosi e sadicamente fortuiti, guidati da una forza maligna di imprecisata provenienza, che in una ordinaria sera come tante colpisce una tranquilla famiglia con due bambini, seminando morte ed orrore. Unica superstite, la undicenne Niamh, ragazzina sensibile e comprensibilmente sconvolta da quell’evento, salvatasi per essersi rifugiata col fratellino neonato in un armadio dove, tra la furia degli oggetti diventati armi micidiali come missili, ella ha trovato rifugio, soffocando senza volere il piccolo nell0intento di proteggerlo dal fumo sprigionatosi da un incendio di materiale tossico.
La polizia non crede alle storie avveniristiche della bambina, e attribuisce la responsabilità del tragico evento ad una banda di teppisti non identificati. Caso chiuso, bambina affidata agli amorevoli vicini, già accorsi in altre occasioni ad aiutare la famiglia in occasioni di crisi di panico in capo alla piccola Neve.
Il male assoluto, quello indecifrabile ed inspiegabile, quasi sempre inesorabile nella sua crudele sfrenata voglia di rendersi manifesto, ha sempre affascinato ed alimentato trame horror di svariati sviluppi, riconducibili poi ad uno stesso filone, che ha generato capisaldi della paura ma anche cloni tutt’altro che memorabili.
L’attrice e regista Marina de Van, che già dai tempi di “Nella mia pelle” ha sempre cercato di distinguersi con trame shock o comunque destabilizzanti, salvo poi banalizzarsi e farsi fischiare ai festival più prestigiosi con avventure davvero poco riuscite come “Non ti voltare” (Bellucci Vs. Marceau in un intrigo con scambio di identità che tende Kieslowski, ma si disintegra nel ridicolo più imbarazzante, si dà all’horror più classico restandone prigioniera, causa uno svolgimento che percorre tutti i più risaputi cliché della suspence, privandola di presa e di efficacia: l’accanimento di una macchina sempre sul volto sofferente della piccola Niamh, i suoi lamenti e pianti finiscono per irritare lo spettatore, invogliandolo a parteggiare per questo male impalpabile ma risolutore pur di togliercela di torno. A volte orrore chiama orrore.
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