Regia di Elio Piccon vedi scheda film
In un paesino del sud, compare Laurè ha una sola compagnia, quella dell'asina Checchella. Un giorno la bestia però inciampa e, cadendo in un dirupo, si rompe le zampe; i paesani vorrebbero abbattere Checchella per cessarne le strazianti sofferenze, ma compare Laurè si oppone.
Checchella è un piccolo Balthazar (Au hasard Balthazar, di Robert Bresson, 1966) all'italiana; uno schizzo o poco più, perchè dura neppure un quarto d'ora, ma la vivacità e la capacità dello sguardo di Elio Piccon - regista e direttore della fotografia - di inquadrare la terribile desolazione di un profondo sud italiano retrogrado, misero eppure così inequivocabilmente umano, va perfino oltre il discorso del capolavoro di Bresson. Ma laddove Balthazar era il simbolo messianico dell'impellente necessità di un pentimento, di un passo indietro da parte del genere umano contemporaneo, in Checchella ci si limita a un'amara constatazione del passo indietro morale, sociale, economico in cui si trova parte della nostra nazione (tema caro a Piccon, autore peraltro del memorabile e censuratissimo L'antimiracolo, 1965), ricordando però quanto umanissimo verismo risieda in queste zone. Fra Bresson e Verga c'è naturalmente un largo, larghissimo spazio nel quale la componente più prepotente a risaltare pare essere quella della carità cristiana, elemento dimenticato su cui punta il dito lo scambio di battute finale di Checchella: perchè la bestia è stata abbattuta? Perchè non serviva più. Forse il cortometraggio, fra i numerosi girati da Piccon, più impressionante e gravido di riflessioni. 7/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta