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Passion

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Passion

di Spaggy
4 stelle

Brian De Palma non ha mai avuto fortuna con i thriller erotici. Passion non esula da questo destino implicito e, dopo una prima parte trascorsa a presentarci i personaggi, finisce con l'avvitarsi su se stesso, diventando un mero esercizio di stile e autoreferenzialità. Fermo restando che De Palma filma come Dio comanda e nessuno come lui è in grado di muovere la macchina da presa, Passion fa acqua da tutte le parti nella seconda metà, momento in cui il film dovrebbe decollare e far crescere la tensione.

Ambientato nel mondo della pubblicità, è chiaro sin da subito che di erotico non ci sarà ben nulla: Passion è un viaggio dentro la mente del personaggio di Isabelle, interpretato da una mefistofelica Noomi Rapace. Seppur il sesso sia una delle pulsioni che muovono le fila del racconto, è più accennato che palesato. Non bastano un paio di baci lesbo per fare un film erotico.
Assoggettata dal capo Christine, donna in carriera che non ha altri obiettivi in mente se non la propria realizzazione personale, Isabelle si trova a confrontarsi con le sue aspirazioni e la sua voglia di potere, i suoi desideri reconditi e la gelosia, avviandosi verso lo scontato epilogo. Condividendo con Christine anche uno degli amanti, Isabelle abbandona la sua aurea da brava ragazza - che mortifica la propria bellezza indossando solo mascolini abiti neri - nel momento in cui Christine calca la mano e combina gli elementi in suo possesso in modo da distruggere la vita privata e professionale di Isabelle.

Riprendendo in mano Crime d'amour, De Palma ne modifica la trama e, soprattutto, ne reinventa la struttura. Più che di un remake, sarebbe opportuno parlare di libero adattamento depalmizzato.
In Passion è infatti possibile individuare alcuni vezzi tipici del regista: il tema del doppio, in primo luogo. Isabelle e Christine non sono così diverse come il prologo ce le presenta ma rappresentano il rosso e il nero della stessa personalità, le due varianti di due anime in pena costantemente sotto i riflettori delle aspettative altrui. Il tema del doppio trova l'apoteosi nell'uso che Christine fa delle maschere e nel riferimento alla sorella gemella Clarissa, presenza incombente e al tempo stesso evanescente. Nessuno sa in concreto se Clarissa sia mai esistita o se sia frutto delle macchinazioni di Christine, il finale rimette in discussione ogni certezza.

Autoreferenziale e autocitazionista come non mai, De Palma ricorre alla soluzione visiva dello split screen nel momento clou dell'omicidio per distrarre lo spettatore. Il pomeriggio di un fauno diventa quasi elemento disturbante con un riquadro continuamente in movimento, ora più largo ora più stretto. La scelta, a prima vista banale, è invece il colpo di genio di tutta l'opera, l'unico elemento che permette allo spettatore di conservare il dubbio fino all'ultima sequenza.

La rottura della quinta parete però rappresenta anche l'ultimo motivo di interesse per Passion. Da quel momento, la storia plana sulla banalità narrativa ed espressiva più assoluta. Riavvolgimenti della storia, intreccio tra sogno e realtà e recitazione quasi svogliata uccidono la chiusura dell'intreccio, rendendo innocuo quanto visto fino a quel punto. Citando Rachel McAdams e Noomi Rapace, verrebbe da dire: "It's just business". E per business De Palma tenta la carta del retrò, rimanendovi tristemente intrappolato.

Voto: 4.

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