Regia di Koreyoshi Kurahara vedi scheda film
Nell’immaginifico tentativo di esorcizzare il caldo torrido di questi giorni, mi sono scelto un giro nei ghiacci fluttuanti tra gli sferzanti venti polari, ben lieto, da grande amante degli animali, di trovarmi in compagnia di tanti splendidi cani (anche se il Sakhalin-Husky, caratterino a dir poco vivace, campione per mille altre cose non è proprio il massimo per la compagnia di un quieto marinaretto come me…). Dopo aver letto qualcosa al volo prima della visione (c’è pure la musica di Vangelis? Bene!), non mi aspettavo affatto, però, di dover vivere due ore (versione integrale in giapponese sub-ita, of course…) di pura tortura in stile mattanza, dove ad attori che recitano come cani spetta il ruolo di (incolpevolmente e indirettamente) massacrare ad uno ad uno pressochè tutti i cani, splendidi attori (mi auguro che tra gli imperscrutabili ideogrammi in coda ci fosse anche il famoso: “Nessun animale è stato maltrattato durante le riprese di questo film, foche incluse”…), tanto che pure Vangelis, se all’inizio intriga e fa volare sulle bianche, infinite distese, finisce per trapanare i timpani e le mortificate pupille dello spettatore, sconvolto dal dolore, col suo sinth asfissiante, monotono e ripetitivo come la morte. Onore allo sforzo per le riprese (3 anni, campione d’incassi in Giappone nell’83), ma anche qui qualche critica va pur fatta, se è vero come è vero che i pinguini in primo piano sul costone e la slitta che fila sotto in lontananza, dategli tre anni di tempo e ve lo fa pure Pieraccioni in riva all’Arno, praticamente uguale tanto è stereotipato. Se poi non dovesse corrispondere alla realtà delle cose (il film è tratto da una storia vera, e in Giappone le statue in memoria degli Husky ci sono sul serio…), scegliere di far sopravvivere tra tutte quelle povere bestie proprio i due fratelli Taro e Jiro sarebbe la controprova dell’antipatica vena di dolceamaro sadismo che permea tutto questo film, un po’ infantile e un po’ ruffiano, forse da vedere ma di sicuro da non ri-vedere, che mi ha fatto sudare ancora di più dei 40 gradi all’ombra dai quali tentavo di scappare….
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