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Tutti i rumori del mare

Regia di Federico Brugia vedi scheda film

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La recensione su Tutti i rumori del mare

di OGM
8 stelle

Il protagonista non ha nome. Anzi, ne ha mille. Non ce n’è uno che sia simile ad un altro, e non ce n’è uno che sia vero. Un individuo si è frantumato in una pioggia di identità, di schegge impazzite lanciate nell’universo come specchietti per le allodole, come sfaccettature che devono riflettere la luce per impedire di vedere cosa ci sia dietro. Quell’uomo si moltiplica per non esistere, per spezzare il filo della continuità che lo farebbe riconoscere mentre si sposta per le strade del mondo. Non c’è ricordo che permetta di collegare il passato al presente, perché per i suoi familiari ed amici lui è morto, scomparso nel mare, disperso per sempre. Il suo corpo, ufficialmente distrutto, è ora un organo malleabile che può svolgere la sua funzione strumentale senza lasciare tracce del suo passaggio. È ridotto ad un anonimo trasportatore, che scorta la sua merce da una parte all’altra dell’Europa. Il suo ultimo carico si chiama Nora. Ha i capelli biondi, la carnagione chiara, ed un trauma infantile che l’ha segnata in maniera permanente. È uscita da un orfanotrofio di Budapest per essere venduta ad uno sfruttatore, ed offrire la sua carne giovane su un marciapiede del ricco Occidente. Quella ragazzina è tanto fragile, e si affeziona subito al suo sconosciuto accompagnatore. Anche quando, in seguito ad un grave passo falso, lei si trasforma in roba che scotta,  lui non riuscirà a disfarsene, a staccarla da sé, ad abbandonarla al suo destino. Un uomo e una bambina si trovano a viaggiare insieme, per una banale questione di affari, e non immaginano che quel percorso rappresenterà, per entrambi, la via verso una nuova fase della vita. Scoprendosi protagonisti di un rapporto assurdo, senza ragione, pericoloso e strano, dovranno fare i conti con il senso della solitudine, liberamente scelta oppure imposta dalla necessità, fino a decidere di uscirne. Un itinerario attraverso il nulla, costruito sulla menzogna, troverà un approdo nel ritorno alla normalità degli affetti, od alla contemplazione del mondo da una prospettiva più stabile e reale. Il film di Federico Brugia diluisce la sua carica introspettiva in un’azione lenta ed incerta, in cui gli uomini forti del crimine svelano le proprie ordinarie debolezze lungo una quotidianità cupa e stanca, dai contorni sfumati ed irregolari come chiazze di inchiostro sciolte nell’acqua. Un grigiore tiepido attenua la percezione del male, trasformandola in una tristezza tanto assoluta quanto indefinita. La patina estetica, in questo caso, è un rivestimento poroso, che lascia trapelare i vapori gelidi di una determinazione che si sfalda, improvvisamente, sotto i colpi di emozioni che non si riescono più a tenere a bada. Le immagini, con le la loro glacialità sgranata, raccolgono la sorda eco delle memorie che rimbombano nel cuore: sono tutti i rumori del mare,  delle onde che battono e ribattono, sulla riva, disegnando e cancellando i segni di ciò che è stato.  

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