Regia di Gionata Zarantonello vedi scheda film
Barbara Steele: un nome d'attrice che rimanda immediatamente all'horror italiano e alla mitica (in questo caso è proprio l'aggettivo più appropriato da spendere) serie B del cinema indipendente di genere. La Steele infatti è molto legata al cinema italiano, quello d'orrore di Bava, Freda e Margheriti, ma anche quello d'autore se si pensa che figurava nel cast di 8 e mezzo di Fellini, e vantando altresì lavori con Monicelli, Festa Campanile e quant'altri. Mentre per l'horror l'attrice inglese ha trovato la fama con i maestri italiani, la sua carriera è proseguita con Corman, per rinascere ad inizi '70 addirittura con Cronemberg, Demme, Dante e persino il Louis Malle dello scandaloso Pretty baby.
Rivedendola settantacinquenne in piena forma (e follia) nella parte della solitaria ed incompresa Ann, posta al centro di questo bell'orrorino italo-americano di Zarantonello, non può che far piacere; soprattutto nel constatare che le atmosfere da B movie di buona fattura possono ancora esistere ed avere una loro ragione d'essere. Un orrore che parte da un racconto già avviato per tornare presto indietro, con un azzeccato lungo flash-back esplicativo, a qualche mese prima e ancora di più agli anni in cui successe un fatto che sfiorò la tragedia e rese la nostra protagonista una donna sola e abbandonata dai suoi cari, desiderosa per questo motivo di rifarsi una famiglia e soprattutto una prole.
La stanza delle farfalle è dunque il regno segreto dove plagiare la crisalide che darà vita alla figlia perfetta, dopo che quella naturale non ha saputo e voluto essere restare la bambina della sua mamma, ma piuttosto invece preferito crescere e svilupparsi contro il volere della madre. In un finale avvitato sulle follie di una mente che vacilla e non si contiene più, il film - che parte blando e sembra più scherzare sulle atmosfere horror che rendersene fruitore - ci stupisce con un finale che non concede sconti alle vittime designate che invece pensavamo ormai a quel punto della vicenda ci venissero risparmiate. Il film presenta un livello di credibilità vicino allo zero, ma nulla di tutto ciò può e deve essere un problema né tantomeno un difetto: quello che si chiede (e in fondo si ottiene) ad (da) una pellicola del genere e di saper tenere il filo di una vicenda che in fondo nasce dal profondo desiderio di una maternità troppo sentita e vissuta con l'eccessiva ansia che tutto svanisca troppo in fretta, che la maturità e la crescita si portino via quegli affetti e quelle sensazioni che poi la protagonista cerca di ricostruire come può. La natura effimera di una farfalla, resa eterna o quasi dietro una cornice che ne esalta lo splendore, è in realtà il progetto che Ann tenta di trasferire sulle sue nuove figlie, una delle quali si rivelerà una beffarda ammaliatrice di anziane afflitte da solitidine, mentre l'altra, ancora troppo giovane per concedersi certe malizie, risulta difficile da conquistare a causa di una madre-vicina di casa troppo ingombrante e solo apparentemente superficiale. The butterfly room è dunque un piccolo gradevole caposaldo di un modo antico ma seducente di concepire l'orrore, che è bello vedere ancora vivo e possibile da mantenere in vita.
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