Regia di Gionata Zarantonello vedi scheda film
I titoli di testa si compongono con il sangue mestruale perso in una vasca da bagno da una ragazzina: “questo è l'unico sangue che si vede in tutto il film” afferma in una intervista la stessa Barbara Steele.
La madre della ragazza bussa violentemente e chiede di entrare, la ragazzina non vuole, si vergogna delle perdite di sangue nell'acqua, quando la madre entra la rimprovera di essere una “sporcacciona”. Tutta la prima sequenza del film è senza volti, i titoli di testa svaniscono come il sangue nell'acqua, immediatamente dopo su tutto lo schermo appare il primo piano di Barbara Steele, che rimarrà in scena per il 90% del film.
Ann (Barbara Steele) è una anziana signora collezionista di farfalle che instaura con July, la bambina della sua vicina di casa, un rapporto confidenziale, molto particolare e di fiducia, che presto diventerà qualcosa di ambiguo e metterà in luce le troppe ombre di Ann e del suo malsano rapporto morboso avuto in precedenza con un'altra ragazzina di nome Alice, e prima ancora con la figlia Dorothy.
Il film quindi intreccia tre storie che hanno come protagonista sempre Ann e una ragazzina, concentrandosi in modo principale sul rapporto avuto con Alice.
Alice incontra Ann in un centro commerciale, le hanno rubato i soldi e non può comprarsi una bambola per la sua collezione, Ann la nota e si offre di comprargliela lei. Alice si offre di restituirle i soldi una volta tornata a casa, ma quando la rivede le chiede di poterseli tenere come mancia per essere andata a trovarla. Nasce così un vero e proprio rapporto tra Alice e Ann, quest'ultima subisce il fascino di tornare in qualche modo mamma e potersi prendere cura della ragazzina, sostituendo la presenza della vera madre di Alice che la stessa le racconta essere disabile da tempo.
Ovviamente presto la storia prende aspetti morbosi: la madre di Alice non è affatto disabile, la figlia di Ann non è morta da tempo come aveva raccontato, July scopre nella stanza segreta delle farfalle una “strana bambina appesa”, i manutentori del palazzo dove Ann abita si accorgono di strani lavori di ristrutturazione non autorizzati che la “signora” sta operando di nascosto.
Il fulcro centrale della storia è ovviamente Ann e la sua stanza delle farfalle, che come in ogni buon film dell'horror americano degli anni '60 e '70, nasconde un segreto già avvertito per tutta la durata del film, ma che non per questo viene a mancare di effetto al momento in cui viene svelato alla fine.
Il film è tratto da un cortometraggio dello stesso Gionata Zarantonello, “Alice dalle 4 alle 5” con Piera Degli Esposti, ma mentre nel corto la bambina era solo una vittima, nel film si trasforma in una specie di carnefice, una “prostituta di affetto” facendosi pagare per il tempo che dedica ad Ann, che trabocca di istinto materno, anche se decisamente malsano.
Ann è descritta molto bene (come tutti gli altri personaggi): all'antica, severa ma tenera, brama per una carezza di Alice per la quale è disposta a pagare cifre sempre più alte, per la quale è disposta a uccidere pur di garantirle un'educazione appropriata, una vita “normale”.
Zarantonello punta tutto sulla Steele e fa bene.
La brava attrice inglese entra nel personaggio dalla prima inquadratura, ricordandomi molto quella “baby Jane Hudson” che fu di Bette Davis, vuoi per l'ambiguità del personaggio, vuoi proprio per il volto stesso della Steele.
Il film, in realtà, è un omaggio a tutto un genere cinematografico molto americano proprio degli anni '60 e '70, anche la scelta del cast è tutta una carrellata di volti noti nel genere horror, da Camille Keaton che fa una piccola parte, quasi un cameo, a Erica Leershsen e Heather Langenkamp che interpretano rispettivamente Dorothy (la figlia di Ann) e Claudia (la vicina di casa mamma di July), che avevamo visto in film classici horror come “Non aprite quella porta”-2003 e “Nightmare”-1984.
Un film tutto al femminile, gli uomini hanno una parte molto marginale e di poco conto, e cosa quasi innovativa, non sono i salvatori della situazione.
Una nota davvero positiva per la giovane attrice Julia Putnam che interpreta Alice, un rimando alla diabolica bambina de “Il giglio nero” è d'obbligo, anche perché nella prima scena in cui è presente appare con lunghe trecce bionde, proprio come la protagonista del grande classico in bianco e nero, e adesca le donne sole e bisognose di affetto filiare con modi sdolcinati e fastidiosi.
La Putnam si fa ultima interprete di tutto quello che è un genere horror per eccellenza: “i bimbi malefici”, e lo fa con una modernità e uno stile davvero sorprendente.
Il montaggio è fondamentale per la costruzione di questo film, che si basa proprio su continui rimandi a momenti passati e presenti, funziona perfettamente e alla fine della storia tutto torna, senza lasciare domande.
Bellissima la scena finale che lascia aperte molti interrogativi sull'educazione che si riceve da bambini e che una volta adulti e genitori, pur condannandola, si finisce inesorabilmente per trasmetterla ai propri figli.
Barbara Steele mancava da anni sul grande schermo, ha scelto questo film del giovane (ma per nulla inesperto) Zarantonello per ritornare alla grande. Carismatica, un volto che è la storia del cinema stesso, sempre in scena, sempre splendida, cattiva e tenera come nei suoi migliori ruoli del passato: una Steele in ottimo stato che aspettavo di vedere e che non mi ha deluso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta