Regia di Niels Arden Oplev vedi scheda film
Dopo tre mesi di lettere anonime, il boss della mala Alphonse si ritrova con uno dei suoi strangolato in casa, e con pezzi di una fotografia che, ricomposti, gli sapranno forse indicare il colpevole. Un altro della sua banda, l’”ungherese” Colin Farrell, stringe intanto un’amicizia interessata con la vicina Noomi Rapace, sfigurata dopo un incidente. Gli uomini di Alphonse cominciano a cadere come mosche, la mafia è irrequieta e l’ungherese trama nell’ombra. La cosa più (modestamente) divertente di Dead Man Down. Il sapore della vendetta, prima opera in terra americana del danese Niels Arden Oplev (Uomini che odiano le donne), è lo sguardo da “vecchia Europa” che pervade molte sequenze. Tra albanesi, francesi e ungheresi pare Giochi senza frontiere, senonché a dominare sono gli stereotipi, tipo Isabelle Huppert che beve gonfi calici di vino in una cucina arruffata con foto della Tour Eiffel sulla parete. Mancano giusto le rane. Però il boss Terrence Howard crede di avere capito tutto perché il persecutore scrive 7 con il trattino, come appunto solo in Europa (e in Giamaica). Niente di che, comunque. A parte una scena azzeccata (quella della “trappola” nell’appartamento vuoto) si naviga a vista tra recitazione da filodrammatica di periferia (cui non giova il doppiaggio italiano) e un cast ai limiti del trash, con addirittura F. Murray Abraham e Armand Assante. Forse, chissà, tra dieci anni lo rivaluteremo.
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