Regia di Aida Begic vedi scheda film
L’obiettivo segue Rahima. Non la perde di vista neanche per un attimo. Il fatto è che però lei non sta mai ferma, ed è difficile starle dietro. Per guadagnarsi da vivere, fa l’aiutante di cucina in un locale alla moda. Intanto deve badare a Nedim, il fratello minore, che si comporta in modo strano, e a volte scompare. E dire che, fino a ieri, tutti e due erano bambini. Poi sono diventati orfani, e dunque improvvisamente adulti, in una città dove i cecchini fanno il tiro al bersaglio. Rahima tiene duro. Ce la mette tutta, per resistere, con la stessa assurda tenacia con cui riesce a tenere a bada i suoi capelli, stretti dentro al fazzoletto che le fascia la testa. La ragazza non fa che avvolgersi il capo – di bianco quando è al lavoro, di scuro nel tempo libero - stando bene attenta che nemmeno una ciocca spunti da sotto la stoffa. È un gesto simbolico e maniacale. Un marchio del suo carattere, più che un’espressione della sua fede religiosa. La manifestazione del suo bisogno di distinguersi, e di proteggersi, in un mondo in cui alle persone come lei spetta la parte dei deboli, degli incompresi, di coloro che, per essere accettati, devono continuamente dimostrare di essere all’altezza. Sarà per questo che Rahima non smette di girovagare, di guardarsi intorno: deve costantemente confrontarsi con l’ambiente circostante, controllandone le reazioni, evitando di commettere errori che potrebbero pregiudicare la sua posizione, e costarle davvero caro. Troppo grande è il pericolo di esporsi negativamente, o di pestare i piedi a qualcuno che conta. Rahima ha un’anima forte, perché la sua presenza esteriore è estremamente fragile, in mezzo a gente che è quasi sempre più ricca, più potente, più inquadrata socialmente di quanto lei potrà mai essere. È svantaggiata per nascita e per destino, e può dunque sopravvivere solo restando all’interno del suo spesso guscio di ragazza riservata e premurosa, taciturna e determinata. Non può permettersi di evadere dai confini del ruolo che le è assegnato: una lotta disciplinata e composta deve prendere il posto di quella aperta ribellione che le sarebbe ben più congeniale, e che certamente corrisponde ad un desiderio represso, ad un istinto rabbioso che, in certe situazioni, non riesce a contenere. Rahima intende andare avanti ad ogni costo, a bordo della sua indole corazzata di volontà; non importa se l’esistenza non le regala nulla, se non fastidio, noia, amarezza. Anche noi dobbiamo avere pazienza, mentre la sua storia ci sfila davanti con passo militaresco, senza concedersi svaghi, senza emozioni né colpi di scena. Per i children of Sarajevo l’infanzia è sparita da un pezzo, è venuta meno quando la realtà si è svuotata di sogni, quando si è spento il soffio vitale della fantasia. Non c’è più spazio per i giochi. Uno scoppio nel cielo fa subito pensare a uno sparo. Non c’è motivo di credere che sia solo l’annuncio festoso di un fuoco d’artificio.
Questo film ha rappresentato la Bosnia-Erzegovina agli Academy Awards 2013.
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