Regia di Elio Piccon vedi scheda film
fine anni sessanta, nel gargano. in una pozza putrida assistiamo alle fatiche immani di alcuni pescatori per cercare di pescare qualcosa da mangiare o da vendere. il commento di franco brocani ci racconta di come la palude sia un luogo transitorio e di come basti poco perchè si trasformi in un acquitrino invaso dalle alghe e appestato dalle zanzare. gli uomini, i pochi rimasti a prestare le loro braccia e le loro forze a quei luoghi insalubri e inospitali, lavorano prima insieme per scavare una carrara principale e poi ognuno per conto suo per scavare la propria, acqua alla vita e spostandosi continuamente coi piedi per non affondare, cavando a piene mani l'erba e le alghe per poi mettere giù i paletti e le reti e infine le trappole nelle quali prima o poi finirà qualche anguilla. il regista si accompagna a quegli uomini consumati dal sole e costruiti nei loro fisici rocciosi di muscoli(i più giovani) e nervi(i più vecchi), mimetizzandosi quasi scomparendo, mentre la telecamera riprende quei gesti che instancabilmente ripetono ogni anno e sembrano ripetere da tempi di cui si è persa nozione. litigano, commerciando sui posti migliori(zone vive) per evitare quelle morte, meno pescose. e anche in quel 1967 ripetono quei gesti e qeugli sforzi per cercare di strappare sostentamento per la sopravvivenza anno dopo anno, finché ci saranno uomini che saranno disposti a faticare per poco o niente.
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