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Killer in viaggio

Regia di Ben Wheatley vedi scheda film

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La recensione su Killer in viaggio

di ROTOTOM
8 stelle

Ben Wheatley   è l’astro nascente della commedia nera con sfumature grottesche tipica  della tradizione inglese. Prima di Killer in viaggio fu Kill list (2011) solo in Italia   mai distribuito ma visto nei festival e recuperato con lo scarico illegale, a scrivere un capitolo importante del nuovo noir inglese. Senza ironia, durissimo ritratto del tempo della crisi di un killer  che torna a lavorare per pagare le bollette e l’agio conquistato con moglie e figlia, scoprendo il coperchio di un crogiuolo di nefandezze e orrori della società contemporanea, fino ad un finale virato nell’horror.
Killer in viaggio (Sightseers)  è più leggero e ironico. Intendiamoci: la leggerezza si avverte solo perché i due sociopatici protagonisti del film sono dei cialtroni e il film è impostato come una commedia dove gli omicidi , brutali ed espliciti, sono sempre preceduti da una messa in scena ironica e dissacrante. Però finito di sorridere a denti serrati,  il film è  come un’unghiata su una lavagna che accappona la pelle per  la banalità del male che espone con disincantato distacco.



Killer in viaggio è un road movie con omicidi, e idealmente sembra il seguito del precedente film. La crisi dei beni materiali ha lasciato strascichi profondissimi nella moralità delle persone. In modo particolare  su Tina (Alice Lowe)  ragazza sola con madre ossessiva portatrice sana di una insospettabile crudeltà e il suo nuovo ragazzo, Chris (Steve Oram)  reduce della crisi di cui sopra e svuotato di qualsiasi empatia verso il genere umano. O meglio, il prodotto della crisi economica è un soggetto senza identità, rancoroso e intellettualmente deviato verso un senso di giustizia che assomiglia più ad una vendetta personale verso il mondo intero. Invidioso, iroso, millantatore, manipolatore, Chris è uno sfigato cattivo. Ma l’umanità che incontra e della quale si libera è altrettanto oscena, cafona. La guerra tra miserabili si combatte per un posto auto migliore, per una cartina buttata per terra. Per uno screzio tra amanti. L’affermazione della personalità avviene attraverso l’omicidio , casuale, stupido e liberato da qualsiasi rimorso.

Wheatley  filma l’uggiosa campagna inglese con una fotografia grigiastra, uggioso è il clima come le anime dei protagonisti in pellegrinaggio itinerante tra i musei meno interessanti del mondo. Il museo della matita, il museo del tram, e alloggianti un campeggio che sembra un ricovero per nomadi. Esseri umani anonimi incastonati in luoghi anonimi ormai arresi al degrado e alla medietà della vita capaci solo di provare istinti bestiali nascosti sotto la parvenza delle buone maniere. Il tutto condito da un affilato humor nero , che stempera il tutto in una commedia dai toni grotteschi dall’ alto ritmo narrativo.



Non c’è nulla di “bello” in questo film, nulla che riscaldi il cuore dei protagonisti , Tina e Chris essi stessi “non belli” se non addirittura bruttini , consapevoli di questa condizione e che si sono scelti per eliminazione nella selezione naturale della vita. Quello che Wheatley riesce a suscitare in chi guarda è il fastidioso sospetto che i protagonisti non siano poi così tanto diversi dalle persone che quotidianamente si frequentano e che intimamente sappiamo poter essere capaci di tanta crudeltà o addirittura che siano molto simili a noi stessi liberati da qualsiasi freno inibitorio.
Tina  e  Chris, novelli  Mickey e Mallory ripuliti dallo status del mito sono le persone comuni esasperate da una vita inutile. Gli esodati, i rifiutati, le persone sole, senza interessi e senza qualità .  La società ha cancellato i miti e ha prodotto mostri , la sensazione di essere davanti ad uno specchio a ridere malamente di noi stessi è fortissima ed è l’aspetto più inquietante , sarcastico,  di questo buonissimo , lucidissimo film.
Finale cattivo , a posteriori inevitabile, aperto ad ogni interpretazione.   Wheatly col finale aperto accorcia il distacco formale adottato per tutta la storia e costringe lo spettatore a mettere il sé in gioco per restituire un senso  a ciò che ha visto. Qualcosa di molto vicino all’intima verità su se stesso.

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