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Los salvajes

Regia di Alejandro Fadel vedi scheda film

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La recensione su Los salvajes

di alan smithee
8 stelle

Gran sorpresa per un film argentino dirompente, purtroppo poco noto seppur sia reduce ormai un anno fa da una sua presentazione ufficiale alla prestigiosa "Semaine de la critique" di Cannes edizione 2012. Una fuga, quella di cinque ragazzi (quattro maschi più una ragazza) da un carcere minorile per addentrarsi nella sempre più fitta foresta delle pampas, terre vergini o quasi dove la lotta per la sopravvivenza spinge ognuno dei giovani a tirare fuori il lato più "selvaggio" di se stessi, quello stesso che li ha condotti ad una vita di reclusione che ora tuttavia sta loro alle spalle.
Un primo ragazzo viene abbattuto poco dopo a colpi di fucile mentre tenta di trafugare del bestiame; un secondo se ne va via dopo che l'individuo più grosso e potente del gruppo lo ha umiliato in presenza degli altri; la ragazza finirà per restare con un solitario cacciatore e allevatore di falchi incontrato durante il cammino; l'obeso e malvagio capo carismatico continuerà la sua strada mietendo vittime e lasciando scie di sangue sempre più purpuree lungo il suo pesante strascicato cammino; per il più piccolo, Simon, spesso colto in preghiera in atteggiamento quasi mistico, il rimorso di un delitto organizzato tempo prima ai danni del proprio patrigno è un macigno che il ragazzo riuscirà a mandare giù solo con il più estremo dei rimedi.
In mezzo a tutto ciò troneggia pertinente ed egocentrica la potenza dirompente di una natura che fa paura per la sua incontenibilità, fatta di cieli sorvolati da nubi potenti e maestose, o da ettari di foreste dagli alberi giganteschi ed inestricabili; il percorso di una fuga concitata si dipana tra soste oziose a sniffare droga da sacchetti malconci per ritrovare attimi effimeri di sdolcinata estasi da stupefacenti, tra funerali pieni di dolore ma senza lacrime, che da tempo si sono asciugate lasciando sui visi di alcuni dei superstiti solchi salini spesso evidenti: poco dopo un feretro adagiato su una zattera viene lasciato scorrere sul letto del fiume, trascinato dalla corrente e ripreso a filo dell'acqua (grande scena, splendida ripresa, semplice ma efficacissima); poi ancora un assassino che sotterra il cadavere di una donna, sopraffatto da un disperato più affannato di lui che ne ha il sopravvento; una ragazza che impara a scoprire se stessa e cerca di farsi andare bene la svolta con l'anziano allevatore di falchi che il destino le ha messo innanzi; la lotta per la sopravvivenza e il sangue che schizza, le viscere degli animali feriti che si difendono e non smettono di essere un pericolo; il dolore per un crimine che mangia l'anima ed erode la propria coscienza, spingendo a trovare la soluzione più definitiva: la natura che riprende comunque e come sempre il sopravvento su tutte le piccole grandi traversie dell'esistenza.
Alejandro Fadel poteva trovare nella strada più semplice e visivamente accattivante del thriller soluzioni più facili ed accomodanti per attrarre a sé un pubblico più largo. Tuttavia il cineasta ha il coraggio e la lucidità per rifiutare semplificazioni coreografiche e narrative riuscendo mirabilmente a far parlare, in luogo di queste ultime, le immagini reali, rendendo per questo motivo tutto più schietto, realistico e cupo e di conseguenza raggiungendo un gran risultato qualitativo.

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