Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film
Commentare un film come questo evitando di scrivere qualche cazzata è opera improba; nel senso che tutto è opinabile o condivisibile. L’essenza di questo film pare risiedere nella varietà interpretativa che consente, che nasce dalla totale assenza di un narrato e da un montaggio che sembra casuale, ma chiaramente non lo è. Paradossalmente ognuno può scrivere ciò che ritiene e forse esiste sempre una sequenza del film adatta a trasformarle in verità assoluta. Stiamo forse parlando di uno dei registi più innovativi del momento, ma la sottile linea che separa l’ambizione e le indubbie capacità di Reygadas dal mero autocompiacimeto formale sembra spesso labile, indefinibile. Io l’ho preferito immensamente di più in Luz silenciosa, anch’esso film non “facilissimo” ma decisamente più decifrabile ed emotivamente non confrontabile con questo.
Questo è indubbiamente un film pretenzioso; sicuramente destinato ad un pubblico festivaliero; di certo non è un film per tutti. Non lo è neppure per me, perché a più riprese mi sono perduto dentro ad illogiche sequenze, (con la complicità di sottotitoli approssimativi di dubbia provenienza) e non mi ci sono più raccapezzato. Carlos ci ha messo dentro di tutto e di più. A cominciare dalle sfocature perimetrali nelle riprese esterne, alla quasi puerile rappresentazione del diavolo, a flash-back d’incerta lettura, al sesso estremo e, sono sincero, un denominatore comune a tutto non l’ho trovato. Proverò a rivederlo (appena recupero dei sottotitoli dignitosi) perché qualcosa d’importante l’ho sicuramente perduto; comunque, tutte le recensioni positive che ho letto, paiono più una sterile sfilata di terminologie da acculturati piuttosto che una, per quanto personale, chiave di lettura o stimolo alla riflessione. Se volete un film destrutturato non perdetevi questo e l’idea che un film meno lo capisci e più colto è mi ha perseguitato per qualche giorno. Poi ho dedotto che non sono ancora pronto per un certo cinema.
Lasciati da parte gli attorcigliamenti interpretativi rimangono le emozioni visive perché, trattandosi di cinema, alla fine soprattutto con queste dobbiamo confrontarci. Da un punto di vista tecnico il film è ineccepibile, le riprese d’apertura sono assolutamente notevoli, la complessiva rappresentazione della natura (sempre centrale) di grande effetto. Spesso si rimane trafitti dalle immagini, più che dalle complessive emozioni che si ricevono. Concludo con la cazzata finale. I bambini, i giovani in genere, la leale rivalità, pur nell’asprezza del gioco, propria del rugby, una generale speranza residente nei giovani a fronte delle quasi certe disillusioni della maturità, la luce degli entusiasmi giovanili a fronte di una vita tutta da vivere; e mi è venuto un altro titolo. Post lux tenebre. Sufficiente per merito di Zabè.
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