Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film
Post cinema. Post tutto.
"I didn’t think problematically, like you’re making a screenplay in a typical way, like this element means this and this element means that and this is this device and this is that lever for this and that. For me it just comes out much like in a natural flow, in a sort of trance. So there the rain came. And every time I see the film, you know when I’m editing and I’m in color correcting or whatever – at that point I feel Mexico. Seriously. It’s a moment when I get really detached from the film, I don’t know why, at that moment of rain, and I just feel that country is covered with blood. There’s bloodshed all over the place and if we would touch it in a map or in a globe probably it would stain your finger red. It’s a feeling."
(Carlos Reygadas)
L’apocalisse silenziosa di Reygadas azzera il cinema. Lo riporta al suo punto di partenza, allo sguardo primitivo. È un’operazione di scomposizione, di decomposizione del fotogramma e dell’esperienza visiva. La realtà è sfocata, sdoppiata come l’inquadratura che la rappresenta. Le sensazioni, le percezioni sono gli unici strumenti per potersi insinuare all’interno dell’affascinante mistero della rappresentazione.
Post Tenebras Lux vive grazie alla sua frammentarietà, al suo continuo alternare la realtà con il sogno, il presente con il passato. È un percorso circolare che non si cura delle facili spiegazioni e delle semplici interpretazioni.
Attraverso una serie di alternanze visive e narrative di straordinaria potenza, il cinema si scompone e si ricompone, disarmandoci di qualsiasi strumento di comprensione e lasciandoci nudi di fronte alla maestosità delle sue luci e delle sue tenebre.
"At a psychological level, the film is very much about experiencing life. And experiencing life does not just mean experience of the present conscious but also the imagined future (i.e. what could have been if certain things had occurred), what you long for, your dreams, your souvenirs and, more importantly, the acknowledgement of reality being everything else that you cannot see or experience. So, you know that I am here and the moment we hang up I will be eating with my family and you too. We wouldn't be able to acknowledge or understand that in reality, so that level which is rarely talked about but is so obvious is there too. And that's why the rugby is there in the [final scene of] of the film. I don't understand why people got so confused with that. It's the equivalent of reading the end of a children's fairytale saying "they lived happily ever after" and the kingdom survived."
(Carlos Reygadas)
Non c'è una traccia da seguire, un percorso da affrontare. L'esperienza di Post Tenebras Lux elude tutti gli schemi e porta in primo piano il gesto visivo. Guardare, incessantemente e da diverse angolazioni, diventa lo strumento principale per farsi strada tra le tenebre. Non a caso Reygadas sembra suggerircelo già a partire dalla lunga e strepitosa sequenza inizale. Una bambina, che solo più avanti scompriremo essere Rut (la figlia di Juan), corre spensierata nel bel mezzo di un vecchio campo da rubgy. "Mucche", "asini", "cani" la sentiamo esclamare, mentre la macchina da presa la segue, restando alla sua altezza. Il tempo scorre e, lentamente, la luce si fa sempre meno intensa. Improvvisamente, cambiano anche le parole: "mamma", "papà", "casa". È in arrivo un temporale. Ed ecco che con un semplice gesto filmico, un'alternanza di inquadrature, il cineasta messicano ci rende immediatamente partecipi del segreto del suo cinema. Non c'è un percorso narrativo da seguire, una giustificazione logica per la presenza della piccola bambina in quel determinato luogo. C'è solo lo sguardo, l'occhio che osserva e che scruta un fenomeno. È la perdita dell'innocenza, così descritta dallo stesso Reygadas: "In this film, the only beings at peace are the trees, plants, animals and children. So this girl is there among the animals and dogs enjoying herself, she doesn't know who she is or where she comes from; she's just 18 months old. Already, different from all other living beings at that moment, she's naming things; she says "dogs", "donkeys", "cows". She's a human being, and the difference between her and the rest is that one; she realises she exists and she can name things, she can detach herself from the rest."
Al di là della realtà e del sogno, del bene e del male, il film riporta il cinema alla sua condizione primordiale, prettamente sensoriale. L'impostazione narrativa classica viene così abbandonata definitivamente: flashback, flashforward, sequenze scollegate e sottotrame indecifrabili. Dietro l'opera di Reygadas si nasconde la complessità della vita trasfigurata attraverso lo sguardo. Ed essa è somma di realtà, sogni e finzioni che si intersecano. È la violenza di un uomo che non riesce a portare avanti il suo matrimonio, è una sauna in cui si praticano orge, è la rappresentazione stilizzata e luminosa del demonio (la lux che appare post tenebras?).
Post Tenebras Lux si lascia esplorare e, in quanto somma di esperienze (anche autobiografiche), si presta a molteplici riflessioni. Non c'è, infatti, una soluzione univoca e, anzi, si potrebbe dire che ognuno di noi, a seconda delle proprie coordinate, può dare una sua interpretazione alla pellicola perché, in fin dei conti, è questo il suo scopo. È un creare finzione dalla finzione stessa. È un trasfigurare la realtà filmata che è, a sua volta, una rappresentazione del reale ("Ho sempre la tentazione di trasformare quello che vedo").
È un guardare che si traduce in sperimentare.
Il diavolo luminoso di Reygadas, in quanto portatore di luce, apre le porte sul mondo del cinema, spazzando l'oscurità e dando vita alla realtà scomposta, destrutturata. Facciamo così conoscenza con Juan, con la sua famiglia e con i suoi problemi di dipendenza dalla pornografia che lo trascineranno all'interno di una spirale di insoddisfazioni e di rimorsi. Incontriamo Seven e una squadra di rugby. Osserviamo l'uomo e la natura.
Post Tenebras Lux si muove nello spazio e nel tempo, raccogliendo frammenti di vita vissuta e guardando al di là del bene e del male. Significativa, da questo punto di vista, la spiegazione che il regista da ad una delle sequenze più incisive della pellicola, quella dell'auto-decapitazione dell'amico-carnefice di Juan: “Questa è un’immagine tutta messicana, che richiama lo spirito di questa terra, al calar della sera. È solo però un’immagine. Purtroppo, siamo in un momento storico in cui non abbiamo il ricordo per questo genere di cose. È un’immagine potente, che mi è venuta in maniera spontanea”.
Solo un'immagine. Non c'è critica, non c'è spiegazione, non c'è morale. Il cinema si spoglia dei suoi eccessi e lascia così spazio ai suoi elementi primoridali, senza andare alla ricerca di inutili giustificazioni e futili riflessioni. Per Reygadas quello che conta è l'esperienza cinematografica in sé, la giustapposizione degli elementi che danno vita alla finzione e che stimolano l'immaginazione e l'analisi, a posteriori, del pubblico. Non c'è l'ingombrante impalcatura, religiosa e filosofica, di un Terrence Malick (The Tree of Life) tirato inadeguatamente in causa: "I believe that Post Tenebras Lux isn't so Catholic and imperialistic as The Tree of Life is. Moreover, the pure form of cinematic experience is essential for me. I like juxtaposing cinematic elements—images, sounds, etcetera—against each other, and from the very beginning till the far end there's nothing like it in The Tree of Life."
Post Tenebras Lux evita la provocazione, l'inutile pontificazione. Chiede, piuttosto, di essere osservato e di essere considerato come un gesto di estrema libertà e fiducia nei confronti di un pubblico che, però, deve necessariamente farsi carico di un potere assai ingombrante: ricostruire la realtà attraverso lo sguardo, dando un senso a quel mosaico di frammenti complessi, come complessa è la vita (e la morte) stessa.
E dunque la luce dopo le tenebre è proprio quella del cinema che, più vivo che mai, anche dopo l'apocalisse, ha ancora la forza per illuminare, per mostrare il mondo al di là del mondo stesso. Non è un caso, infatti, che il prato della sequenza iniziale si riproponga, a fine pellicola, per ospitare una partita di ruby. Quasi ad indicare che, dopotutto, dopo una fine c'è sempre un nuovo inizio.
Post tutto.
Carlos Reygadas crea il suo mondo. È lui il demiurgo delle percezioni, il creatore capace di osservare la realtà e di trasfigurarla in finzione, in pura rappresentazione. Il suo gesto è autoriale ma la sua creazione è sintomo di una libertà espressiva che si trasforma, a contatto con il nostro sguardo, in pura sensazione. Eppure gli occhi si alternano, cambiano in continuazione. Chi è che guarda? Rut? Juan? Il diavolo? Il regista stesso? Il film non risponde. Preferisce lasciare il suo pubblico libero di interpretare, di riflettere sull'atto del guardare.
Post Tenebras Lux è un mistero che avvolge e commuove ma che al tempo stesso, attraverso la purezza e la semplicità delle sue immagini, svela tutta la bellezza e la meraviglia del cinema del cineasta messicano. L'occhio è costretto, nel formato dei 4:3, a osservare la natura e a vederla trasfigurarsi, sdoppiarsi in continuazione. Ancora una volta, sogno e realtà.
Verità e finzione.
Infine, arriva anche l'ultimo temporale, che porta con sé una pioggia di sangue.
Tutto sembra finire.
Eppure, come per magia, la vita riprende il suo corso. Due squadre di rugby si contendo la partita sul campo dove tempo prima (quanto prima?) avevamo incontrato la piccola Rut.
La luce è tornata, dopo la tempesta, dopo le tenebre. La macchina da presa ora osserva quel groviglio di corpi vivi, come a testimoniare che il peggio è passato. Carlos Reygadas, consapevole del suo successo, si appresta a chiudere il cerchio.
Il cinema, con Post Tenebras Lux, è tornato al suo posto.
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