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Post Tenebras Lux

Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Post Tenebras Lux

di mck
9 stelle

PTL è un film letteralmente irriducibile in dialogo con la politica del Messico di ieri-oggi-domani, è un film sulla sperequazione sociale fatta di ellissi, lacerti e frammenti, è un ritratto dell'apparentemente inintelligibile contemporaneità, è un album di famiglia dopo la tempesta, la rivoluzione, la catastrofe a bassa intensità autoprocurata.

 

 

"Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito." -- Gabriel García Marquez - "Cent'Anni di Solitudine" - 1967

 

Sul film :

 

PTL, ovvero :

il Know-How del Male :

il film-toolbox :

the ''ghost'' in the machine :

il film-panopticon :

il carcere delle immagini, lo sguardo liberamente incasellato, cesellato…

 

 

Carlos Reygadas chiama la mischia in area.

Una mischia aperta ma ordinata, chiusa ma caotica.

Come On, Let's Go !

 

Live : https://www.youtube.com/watch?v=KKYTdhfwrAM

 

In the morning when I wake up and listen to the sound

Of the birds outside on the roof

I try to ignore what the paper says

And I try not to read all the news

And I hold you if you've had a bad dream

And I hope it never comes true

'Cause you and I been through so many things together

And the sun starts climbin' the roof

 

Neil Young  -  It's a Dream  -  Prairie Wind  -  2005 

 

 

 

--- 1 ---

Fish-eye parziali, allargati a sfumare sull'1.33:1, cataratte e maculopatie, pan focus a zoomare all'interno della prospettiva del fotogramma, raddoppiamenti e sdoppiamenti liminali e limati -[ letteralmente, manualmente, un andare di mola sulle lenti stesse : almeno quelle utilizzate per gli esterni o sulla soglia, mentre negl'interni l'unico moltiplicarsi della cornice o nell'area del quadro è quello presente nella scena del pianoforte ripresa in parte riflessa allo specchio ( ma è per l'appunto un artificio del set, non della MdP ) : il PdV ''alieno'' vampirescamente non può entrare se non glielo si chiede direttamente, se non lo si convoca : che gli esterni possano essere il PdV del ''male-caprino'' e gl'interni quello dell'autore è una possibilità opzionabile ]- ai bordi, erronee sfocature trovate e scelte perfette : lo spettro nella pellicola [ fotografia di Alexis Zabé ( Luz Silenciosa - Stellet Licht ) ].

 

 

L'home movie amatoriale supremo : il PdV infantile.

Ssch-cic, ssch-ciac, nelle pozzanghere raccolte nella radura che un tempo fu un campo da gioco -[ che evidentemente non è lo stesso campo ripreso alla fine della pellicola...così come e tanto quanto un fiume non è più lo stesso fiume dopo che la portata media per un lasso di tempo è transitata : bisogna considerare diversi fattori tra cui : i profili delle montagne e la vicinanza-lontananza di queste dallo spiazzo erboso-fangoso ( ch'è ''falsata'' dal tipo di obbiettivo e dal punto di ripresa ), la tipologia della vegetazione ( latifoglie e conifere ), etc... : l'incertezza è lecita, il senso pure ]- ed ora è pascolo brado per animali vaganti tenuti in branco dall'ultimo ''senso del dovere'' dei cani pastore sulla via per ridiventare lupi, ssch-cic, ssch-ciac, saltella felice perché parte del tutto prima che la notte s'adombri nel pieno della tenebra la bambina che si è persa, che è stata abbandonata, che si aggira negli incubi dell'umanità : è un/in gioco l'oblio.

Luci lontane, di là dagli alberi, testimoniano focolari accesi. Più lontano ancora, a lottare fra terra e cielo, lo scatenarsi dei lampi muti.

 

It's a dream,

Only a dream.

 

Intanto, ché il buio fuori sta per invaderle gli occhi, la paura prenderle il ritmo del cuore ed il terrore mangiarle l'anima, la bambina ridà i Nomi alle Cose: le indica, le elenca, le invera, le rinnova, le invoca a sé [sarà la facoltà di dominio, poi, la degenerata enfiteusi planetaria evolutasi dal semplice gioco-esperimento innato (e atto a stabilire le possibilità di esaudire bisogni e necessità), a compromettere, circolarmente, tutto, di nuovo]. 

Le chiama ( come fosse la prima volta del mondo ) col loro nome.

 

scena

Post Tenebras Lux (2012): scena

 

 

--- 2 ---

Il comune infantile trauma del sognare-concretizzare il diavolo ( o chi per esso, a seconda di latitudine-longitudine e tempo storico ), nell'ombra del mattino in dormiveglia, realizzato in rotoscope carminio-amaranto fluoro-fosforescente e messo in scena in una bidimensionalità spinta : l'essere si evince di profilo, ma quando ti dà le spalle ecco che invece ti sta di fronte : si volta e si rigira ma appartiene ad un altro quantuum : non lo puoi inquadrare, capire, riconoscere : si muove in più dimensioni...e paradossalmente in Flatlandia però ci stiamo noi...è lui che, pur dislocandosi circospetto, con tutta la prudenza dell'attenzione e del dovere, arretrando e guardandosi attorno...centrando l'obbiettivo, si trova nel suo ambiente, a proprio completo agio, più che prudente attento : in mano, l'occorrente necessario per assolvere al compito : la cassetta degli attrezzi : il know-how del male : il bagaglio del buon stipendiato al proprio servizio.

 

 

Concretizzare l'incubo che ci portiamo dietro da quando abbiamo alzato lo sguardo al cielo stellato levandolo dalle praterie d'erba infinite : corna infilzanti, articolazioni xenomorfe, fauci equine azzannanti, coda serpentina, organi sessuali umanizzanti...

Le cose accadono, sembra dirci, celebrando il nulla.

 

scena

Post Tenebras Lux (2012): scena

 

 

--- 3 ---

Una famiglia dell'alta borghesia, tra la patria e il mondo, vive il suo tempo circondandosi della natura e della working class ( rubandole lo sguardo : semi-reflex mirror-less bridge cyber-shot compatta da 20 megapixel e colibrì ‘’sfuggenti’’, caccia al volo in barena ), cercando di piegare entrambe, anche se pensa di agire con le migliori intenzioni, senza saper-voler interagire con entrambe, tentando un approccio col piacere al di fuori dei propri confini e dei propri corpi, che sembra funzionare, per il tempo di un orgasmo

 

-[ passando da Hegel ( la coscienza infelice del puro atto sessuale ) a Duchamp : dall'essere e l'avere all'informale ( calcolato ) e concettuale ( astratto generico ) : non proprio un'evoluzione della specie ( m'incuriosirebbe l'eventuale saletta Kant...), piuttosto una piccola sosta, una piccola morte : " il tuo corpo è fatto per questo ", ed è Vero, tanto quanto è reale il sudore che si raccoglie nella fontanella della gola fremente di una splendida e molto brava Nathalia Acevedo

 

 

( una via di mezzo tra Maya Sansa e Valeria Solarino, sangue indio nelle vene, lineamenti indigeni a tracciarne i contorni : e la Storia del Messico, come per esempio in Weerasethakul quella della Thailandia ( Unkle Boonmee, Mekong Hotel, ecc...), è una delle protagoniste sottotraccia evidente dell'opera ), nella sua fossetta tra lo sterno e il giugulo, nella forcella dove proiettano la loro prospettiva le scapole indicando il monte di venere ]-,

 

tra un'immedesimazione parziale con un gruppo di auto aiuto in cui le differenze si acuiscono e il contro-servilismo la fa da padrone e attimi di pura bellezza imperfetta, pianoforte e Neil Young, da “Prairie Wind”, tra “Greendale” e “Living With War”, ovvero dall'Utopia Melanconica alla Realtà Concreta passando per il pessimismo onirico :

 

And it's fading now

Fadin' away

It's only a dream

Just a memory

Without anywhere to stay.

 

 

 

--- 4 ---

Stiamo seduti, di-sperando.

Perros, vamonos !

Abbandonare ricchezza e potere, con la bocca che mastica e la pancia piena : far citare a s-proposito Tolstoj ( può essere un film 'alla' Pierre Bezuchov ? Una pellicola che non può far altro che constatare : " E' troppo tardi ormai...ma io l'amo..." [ la Terra ] ? ), mettere in scena una degenerazione di Thoreau, mentre Dostoevskij e Cechov stanno a guardare.

Un frinire continuo : " Non so se si sono estinti oppure ho solo smesso di ascoltarli ".

E sogni Raccontati ( più che le orge ), come solo l’Alice di Schnitzler-Raphael-Kidman-Kubrick in Eyes Wide Shut.

Ci tocca 'solo' esistere.

Magari assistendo ad una delle scene più autenticamente belle, commoventi e sincere del cinema degli ultimi anni : la partita a scacchi.

 

 

Cade un albero, lo stesso, nello Zabriskie Point morale del PdV molteplice in cui svetta l'auto scamozzamento estirpante la colpa che - fertile capitozzatura - concimerà dissetando la radura della scacchiera vivente che fu campo da gioco : wilderness umana e civiltà naturale.

 

 

L'opera si conclude ( si apre ) con un twist narrativo ricettacolo di se stesso : come in un nastro di Moebius la storia deve percorrere per due volte ''lo stesso'' tracciato ( si fa per dire, è una questione di bordi, confini e cerniere ) per riuscire a tornare al punto di partenza.

Che nel frattempo si è spostato.

 

 

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Su Carlos Reygadas :

 

--- Batalla en el Cielo (2005)

 

--- Stellet Licht / Luz Silenciosa (2007)

 

Sulla Storio(Geo)Grafia di "Post Tenebras Lux" (elementi riconoscibili di paesaggio) :

 

 

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Sulla vita :

 

1.   Alla fine ci sono riuscito, ho trascinato il mio amico Pizza a vedere, con uno stratagemma extra sofisticated, "Post Tenebras Lux" ( già ci avevo provato con "Gatto Nero, Gatto Bianco" e con "il Sole", ma era riuscito a divincolarsi disimpegnandosi all'ultimo salvando la pellaccia ). Beh, non poi così tanto sofisticato, in fondo. Perché Pizza ci sta, alla fine, Pizza si mette in gioco, Pizza ci casca, Pizza è Pizza. Insomma, poco prima di varcare la soglia del cinema ( che da fuori, se non fosse per la scritta "MultiSala Centrale" ( che ha sostituito la ben più evocativa : "Cinema d'Essai" ), non lo diresti mai che sia un cinema, chiuso com'è in una meraviglia nascosta di calle milanese tra una scalinata esterna Viscontiana-Ophulsiana ed una pizzeria alla My BlueBerry Night, un cortiletto interno tra una chiesa ed il rombo dei jumbo tram, tra il Duomo che nelle albe estive riesce a scalfire con l'ombra delle punte delle sue più alte guglie il selciato d'ingresso ( no, adesso sto esagerando...) e la Basilica di San Lorenzo Maggiore ), lui ancora credeva di stare per assistere ad un d.j. set con buffet incluso, annesso, contiguo e, cosa più importante, contemporaneo, alla prestazione-performance degli One Direction. Risultato : ho perso un grande amico. Mi son detto : intanto era interista ( e chi l'avrebbe mai detto che essere fan degli One Direction a 30 anni potesse non essere tirate le somme la cosa peggiore ? Certo, poteva essere juventino...). In realtà, ovviamente, l'intento di Pizza era quello di puntare alle mamme delle fan degli One Direction. Ecco perché posso capire la sua incazzatura. Niente giovani mamme, in sala.

 

 

2.   Questa è la 2a volta che scrivo un qualcosa relativo ad un film appena visto - una volta sola : sono rimasto in sala, seduto dove cazzo volevo, con altri zero spettatori, a rivedermi l'inizio, ho preso qualche appunto ( sia su carta che su tablet ), ma insomma l'ho visto un'unica singola volta - in sala ( anche se in Realtà - telo bianco, tubo catodico-cristalli liquidi-plasma, 4.5 pollici - ogni film è nella nostra testa...), doppiato o, come in questo caso, in lingua originale con sottotitoli : su 101 opinioni ( come la di-s-carica diarroica dei 101 franchitalioti tiratori del PD che han bruciato in un solo colpo Prodi e Rodotà per il Quirinale ) caricate finora in quasi 2 anni, devo dire che una media di un niente inferiore al 2% ci può anche stare, nel senso che, spiego, considero [ nessun riferimento ad alcun critico od appassionato scrivente su quotidiani o riviste di carta od on-line, blog e siti ecc... Parlo di una tendenza che non è altro che normalissima prassi : la critica del giorno dopo sui quotidiani, una cosa oserei dire necessaria... Ma che non sento mia, come lettore e spettatore ] troppo ''facile'', se non addirittura inutile, fuorviante-mistificatorio ( lo so, estremizzo all'ennesima potenza ) o ''ricattatorio'' e financo presuntuoso buttare giù 1500/2000 battute subito dopo aver assistito all'opera di cui s'è inteso parlare, siano esse, le parole e le frasi formate da queste battute, ''poetiche'' e/o descrittive, inflazionando termini ( che messi lì manco fossero prezzemolo stanno bene su tutto ) come : ultimo/essenziale, magnifico/totale, definitivo/meraviglioso, primevo/fantasmatico, irripetibile/indicibile, primordiale/apocalittico, amore/morte e via topoizzando e sinonimizzando, oppure mettendosi a raccontare, semplicemente, la trama ( che il 99% delle volte è la cosa più importante del Film, ma quasi mai della ''recensione'' ). O, ancora, partendo per la tangente, così come sto facendo adesso. In questo caso però la cosa ''fondamentale'' è che ne ho voluto parlare avendolo visto una volta sola, sottotitolato in lingua originale, e praticamente subito dopo avervi assistito, in quanto il film, questo film, a prescindere dal suo Valore s-Oggettivo, che si potrà stabilire, misurare e stimare solo fra 15 o 25 anni, è Importante. Importante Oggi. Fosse anche solo ( come non è : basta sfogliare l'elenco sopra riportato di utenti di filmtv.it molto attenti al cinema di Reygadas ) per me.

 

 

 

Sulla sala :

 

il Cinema Centrale di via Torino 30/32 in Milano, due sale da 80 posti l'una, attivo dal 1907, si trova vicino, le è praticamente appoggiato, alla Chiesa ( Tempio Civico ) di San Sebastiano ( Manierismo, 1616. Commissionato dall'arcivescovo Carlo Borromeo al suo architetto Pellegrino Tibaldi : un piccolo Pantheon...), a due passi dal Duomo. E il fatto, quotidiano, ma particolarmente ''significativo'' in questo caso, che contemporaneamente alla proiezione venisse celebrata la messa, è stato un piccolo piacere personale. Vale la visita solo per l'architettura in sé e per i dintorni contigui, prospicenti, attaccati : sto parlando di metriquadri attorno all'edificio ( cortili nascosti, angoli rientranti, portoni socchiusi...). La trasferta dallo sprofondo della provincia o addirittura da fuori regione, "solo" per vedersi un film invisibile in sala, in Italia, tranne che a Milano, Torino, Roma e poco altro ( 4/5 sale in tutto e per sempre ), insomma, a somme tirate e fatte, vale lo sforzo. Ora, attenzione, però : se nella sala 2 danno "Post Tenebras Lux", nella 1 proiettano "Treno di Notte per Lisbona" ( e quando c'ero io continuava ad affluire gente - un afflusso che definisco tale in rapporto al mio gaudente quasi solitario principio y final - diretta in Portogallo : che se ne andassero a Kiev col TAV in compagnia delle arance veloci come neutrini ) : ora, non dico che il supplizio di godersi anche solo per sbaglio il film di Bille August ( giri a destra invece che a sinistra, è un attimo ) valga lo sforzo di venire a Milano da, chessò, Mortara, Magenta o Morazzone, questo mai. Però forse si.

http://www.multisalacentrale.it/

Post Tenebras Lux vi sarà proiettato oggi, mercoledì 22 maggio 2013, per l'ultima volta.

Ore 15:00, 17:30, 20:00 e 22:30 = venite a Milano !

 

 

Su Milano :

 

Molotov in Via della Spiga : me le ero immaginate in un contesto diverso...

Twit, dopo l'incontro (Post)Alfano-Maroni(Tenebras)-Pisapia(Lux), di Angelino Alfano @angealfa :

"La nostra idea é che se non si é liberi dalla paura, non si é liberi cittadini" #sicurezza #milano

Per gli accenti sbagliati rompete il cazzo a lui.

Invece, per fortuna che c'è Ciwati. Siam proprio fortunati. In confronto, lui si che se ne intende.

 

 

 

Su tutte queste albe e tramonti.

 

La cosa divertente è che la caprina ombra infernale all'inizio di questa storia non ebbe alcun impedimento nell'accedere all'abitazione, vi s'introdusse senza dover scassinare alcunché : la porta non era sbarrata, o in alternativa le chiavi sapeva bene dove trovarle, sotto allo zerbino d'ingresso ( come dice il protagonista di Stellet Licht / Luz Silenciosa - il film di Reygadas precedente a questo - : "il nemico è implacabile : non è stato né il diavolo né nessun altro, ma è colpa mia" ) :

il Male era stato invitato a entrare.

 

Terminiamo dall'inizio, quindi. Evochiamo parole (e il loro conforto) e compiamo azioni migliori:

 

Mitopoiesi: per fare del Caos un Cosmo.   

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. mck
    di mck

    Implementazione di prova : foto, link, trailer ( lines seta ultra a parte ). Sarebbe grandioso che, come per i Post ( e in parte per le Playlist ), si potessero aggiungere foto e video anche andandoli a pescare ( con una minor sicurezza di mantenimento degli stessi, ma il risultato varrebbe il rischio ) fuori dal database di FTV ( o si potessero ricavare dal proprio database, come per i Post, con una maggior sicurezza di durata e stabilità...e attenzione al © ).

  3. mck
    di mck

    Prova-Bis : siii-puòooo-faaa-reee!!! Pippo Civati è lì a testimoniarlo : lui si che se ne intende ! Se la fotina rimarrà...ottimo !!!

  4. myHusky
    di myHusky

    Analisi davvero interessante, complimenti @mck. Si riesce a percepire, nelle tue parole, tutta la meraviglia di questo film straordinario.
    Ora sono definitivamente convinto della differenza tra il campo dell'incipit e quello dell'excipit ;)
    Un saluto!

    1. mck
      di mck

      Grazie myHusky. Sulla questioncella spazio-temporale : non che fosse in fondo poi così importante, alla fine della fiera... O invece si...?! ;-)) Mi ricollego a ciò che diceva @Eight commentando il tuo pezzo su PTL : "Un montaggio diverso avrebbe davvero fatto la differenza? La scelta di una scena piuttosto che un'altra?", cosa che penso io a proposito di certi passaggi di "Batalla en el Cielo" ( e che chiunque può pensare riguardo a ''qualunque'' - virgolette d'obbligo - opera d'arte ). A presto, ciao.

  5. mck
    di mck

    A proposito del "Dare i Nomi alle Cose", e ritornando ancora una volta a Platone e al Mito della Caverna ( di cui ho già stra-abusato qui : //www.filmtv.it/film/40510/shutter-island/recensioni/663816/#rfr:none ), e innestandolo con l'altro complementare antro, quello "Herzoghiano" di "Cave of Forgotten Dreams", ch'è da quell'incontro epigenetico lungo la scala posata sull'albero evolutivo ch'è nato tutto, dallo scheggiare ossa e selci e dal dipingere sulle pareti e sulle volte di grotte e spelonche i nostri sogni ( pascoli di cavalli, gazzelle, cervi, zebre, giraffe, bufali, elefanti ) ed incubi ( rinoceronti, leoni, coccodrilli, smilodonti, serpenti, ragni ) al fuoco protetto di una Lanterna Magica che ci conteneva, che fosse Cinema e Domus, Racconto ed Esperienza empirica, donando a queste rappresentazioni l'idea di movimento con le luci e le ombre del focolare ( anticipando di uno stacco osso-astronave E. Muybridge ), facendosi Racconto, Desiderio, Immaginazione e quindi Invocazione, Piano d'Azione/di Caccia/di Guerra, e Realizzazione : il Manifesto Potere dell'Immaginazione : il suo inverarsi, inferirsi, reificarsi.
    La tatutologia dell'oida : riuscire a considerare che vedere, sentire e toccare non significa conoscere, comprendere e capire.

    Gli psicologi che studiano l'evoluzione del linguaggio hanno notato che i bambini sono degli essenzialisti [ platonici : per Platone la "realtà" che crediamo di vedere consiste solo nelle ombre proiettate dalla luce tremolante del fuoco sul muro della caverna in cui ci troviamo ] nati. Forse sono costretti a esserlo, se vogliono conservare l'equilibrio mentale mentre col loro cervello in via di sviluppo suddividono le cose in categorie discrete, ognuna delle quali ha il diritto di essere chiamata con un sostantivo unico. Non c'è da stupirsi se, come racconta il mito della Genesi [ Post Tenebras...Fiat Lux ], il primo compito di Adamo fu quello di dare un nome a ogni animale.
    Tratto da : Richard Dawkins - the Greatest Show on Earth - 2009 ( ed. it. Mondadori, 2010, trad. L.Serra )

    Vedi anche le moderne congetture sulla neotenia - per tornare subito a Dawkins, argomento ovviamente presente in ''il Più Grande Spettacolo della Terra", nei capitoli VII° e VIII° - ( il trattenimento di caratteri giovanili e - pleiotropicamente - di più forti attitudini all'apprendimento e all'inventiva, [...] che comporta doni cognitivi e comportamentali preziosi ) e la sindrome da auto-addomesticazione della specie umana : " l'ipotesi è che nell'evoluzione del genere Homo la selezione naturale individuale si sia allentata, lasciando spazio a una maggiore pressione selettiva a favore della tolleranza sociale e della cooperazione ".
    Corsivi, questi, tratti dal breve articolo di Telmo Pievani - Domatori di Noi Stessi - su ''le Scienze'', n.556, Dic.'14.

    Insomma, tutto lavoro in più per i Diavoli Umani - la cinabro-carminea apparizione fluoro-fosforescente rotoscopizzata -, esche sempiterne e burattinai onnipresenti sottoforma di relitti galleggianti nella Storia dei Sapiens, ancora in grado però - con il loro equipaggiamento (know-how) migliore composto da solletica istinti, stuzzica desideri e crea bisogni - di fare notevoli danni in questa loro - a ''noi'' tutti comune - lotta per la sopravvivenza e la riproduzione del più adatto.

  6. mck
    di mck

    Nei primi anni di vita siamo parlati da una vita preumana, la vita di tutte le cose. I piedi si arricciano come sui tronchi, si mordono i reggiseni, l’Io si spande nelle cose e si gioisce per tutto il creato, perché le sue funzioni e i suoi ruoli ci divertono, sono la vita. I nomi sono la celebrazione e la fine di questo sentimento oceanico, perché dalla tigre disegnata si passa ai nomi degli altri bambini, compresi quelli insopportabili, e poi la malinconia, le stazioni, le valute, e di nuovo la malinconia. Le solite parole.

    Il canto degli uccelli riporta all’infanzia, alle prime parole da attaccare ai simboli, che nelle grotte e negli asili sono animali. Da subito, quando gli animali umani non sono ancora cittadini, iniziano a confondersi il linguaggio della natura e la natura del linguaggio. Si cresce; parlando tra noi e dentro di noi, pasticciamo le lingue nella testa tentando di ricostruire la realtà che ci sembra piú vicina al nostro modo di intenderla; la speranza è che, tra noi, si stia parlando della stessa cosa.

    Si cresce; restiamo però neonati che gattonano tra le parole, chiamiamo quelli “squali”, quell’altra “pigna” o “conchiglia”, e nel cielo “Encelado”, mettiamo insieme frequenze sonore. Le cose precedono i nomi, e i nomi non hanno senso: ripeti venti volte “petalo”... L’essere umano è un animale che parla, e le parole fanno i popoli, i popoli la cultura. Niente di nuovo, le solite cose: ma la mente che si trova nel brodo di queste idee, a perdere tempo tra cose e nomi e destini, rischia di bollire nella pignatta. L’alienazione mi coglie tanto nei momenti solenni (in mezzo al funerale di Calasso, tra le allucinazioni febbrili del vaccino: da dove arriva, come si chiama quel legno chiaro che lo nasconde all’altare? Il carburante del carro Mercedes, da quali tubi lontani?) quanto in quelli ridicoli, anzi: piú si esaspera la farsa, piú scricchiolano quei laccetti che tengono insieme la realtà.

    Mi viene in mente un’altra bara, al centro di un video spaventoso, uno snuff movie all’italiana: nella bara è distesa una donna di trent’anni, si chiama Floriana Messina. Si sta prestando a una “prova di coraggio” che sarebbe un’anticipazione dell’aldilà. Ad accompagnarla è uno stregone voodoo, un modello italiano truccato secondo le linee di presunte logiche tribali, preso a sbattere un bastone sul pavimento del Centro Titanus Elios, uno studio televisivo in via Tiburtina 1361, intervallando ai colpi delle invocazioni pseudo-subsahariane.

    La ragazza ha paura, ma deve concedersi alla prova. Entrata nella bara, ai lati di questa si avvicinano dei bidoni pieni di lombrichi, cibo, larve di mosca, scarafaggi; uno alla volta, nel climax, i bidoni vengono svuotati sul corpo urlante della ragazza, sconvolta, tra le risate del pubblico e qualche moto di disgusto, qualche crepa nella quarta parete. Accanto a lei, il vero ufficiante inizia a capire che le cose non stanno andando come dovrebbero e decide di risparmiarla dall’apice della prova: il coperchio della tomba sigillato per sessanta secondi, non prima di avere aggiunto un boa.

    L’ufficiante è Paolo Bonolis, il programma è Ciao Darwin. Dai sette (perché prima non ricordo?) ai quattordici anni (l’arrembaggio della Cultura™?) ho guardato secoli di televisione. Tra i riti della sera, oltre ai film innocui che mi avrebbero tenuto sveglio la notte, anche delle puntate di questo spettacolo popolare che preferivo guardare da solo, attratto sopra a tutte le cose dal meccanismo stesso che gli dava forma: la divisione brutale di un mondo diviso a binari, una tassonomia elementare e rassicurante: nel mondo c’erano (cito) i belli e i brutti, gli intellettuali e i macho, i calvi e i capelloni, i cittadini e i campagnoli, e via cosí. È forse per questo, mi chiedo piú di vent’anni dopo, due lauree dopo, dopo crisi economiche e #MeToo e lunghi scaffali postcoloniali, è per questo che il programma di Bonolis si chiamava Ciao Darwin?

    Nella sequenza interminabile, in quei due minuti il corpo di Messina viene ricoperto di insetti di antiche stirpi, degli eredi di qualche biscia babilonese, di migliaia di larve che in inglese portano quel nome raccapricciante, maggot: che sarebbero i vermisseaux di Baudelaire, nel “ti adoro” strillato alla grande taciturna che preferirebbe farsi gli affari suoi: “Io t’adoro come la volta notturna, | o vaso di tristezza, o grande taciturna, | (…) Vengo all’attacco, insisto su di te | come un grumo di vermi su un cadavere e t’amo, | o animale implacabile e crudele, | anche nel gelo che ti fa piú bella!”.

    Madre Natura nasconde azzurre immensità e file di vermi, chiede alla lingua di inventare parole. Scopro cercando che nelle prime stagioni di Ciao Darwin, e ora ricordo, il nome del programma era giustificato a fine episodio da un maxischermo che mostrava nudi un uomo e una donna. L’uomo aveva il volto di Bonolis, la donna di Laurenti; le figure adamitiche prendevano i connotati della squadra vincente, da tramandare secondo la discendenza genetica: un’umanità di macho, brutti, capelloni, eccetera. È vero, alla fine del Novecento ci si chiedeva come sarebbe stato, il Duemila: una volta superato, ricordo a scuola il giorno in cui ho scritto per la prima volta la nuova data: 2000. Sembrava di barare, sembrava di stare nel vuoto.

    Ora che questo terzo millennio è iniziato da un po’ viene da chiedersi come stiamo messi, come se la passa il pianeta, come ce lo raccontiamo. Anni come i nostri, dove pare che di ambiente si parli spesso, coincidono con la piú lunga distanza tra la vita degli esseri umani e i ritmi del “mondo naturale”. Nell’esperienza quotidiana dei paesi piú ricchi, nelle città e negli hinterland senza fine, il paesaggio è mediato da fette di vetro: il paesaggio corre nei monitor, nei treni, oppure sta fermo alla finestra, a forma di albero smagrito ficcato in qualche marciapiede; al prosciugarsi del “verde”, specie se urbano, mi sembra accompagnarsi la coincidenza di un italiano prosciugato. Infiltrato dall’inglese, dalle neolingue di internet, abbandonato dalla polifonia del dialetto, l’italiano si stringe come un maglione; si resta scoperti in un mondo che non smette la fabbricazione di nuove parole, e le trova dove può. Ieri appunto il dialetto, oggi l’inglese, lo slang internettiano.

    Per capire come stiamo messi mi piace leggere chi gioca con la nostra lingua, la stiracchia, la tortura perfino con ferri antichi e stramberie: Antonella Anedda mescola il sardo al latino, Luigi Meneghello non riesce a pensare senza dialetto, Carlo Emilio Gadda ha manipolato tutte le lingue. Dopotutto, se la realtà è spastica e prende tutte le forme, come può la lingua stare ferma?

    […]

    1. mck
      di mck

      […]

      Nell’opera gaddiana tutto il creato merita dignità di menzione e azione; dalle pietre preziose pressate dal tempo ai minimi insetti che scivolano nelle linee dell’acqua grazie alla loro forma, tutto segue le idee di un design occulto, conquistato dalla “pertinace evoluzione della discendenza […]: traverso generazioni e millenni raggiungendo il loro laborioso integrale perimetrico”. Il laborioso integrale perimetrico: il cesello matematico che dà le curve e gli spini a quello che chiamiamo natura. Le mette i canini e le taglia i lineamenti, corazza i semi, da sempre e per sempre nelle foreste e nei mari, nello spazio lontano: tutto succede per una combinazione di desideri e matematica.

      Gli squali nuotano da 400 milioni di anni, sono piú antichi degli anelli di Saturno, che hanno l’età delle magnolie; e tutti esistono invece che no, torniti dal lavoro minimo incessante, beatamente indifferenti al loro nome, mentre la vita continua a mescolare tentativi e scartare errori. Quella che si presta al nostro sguardo, e al nostro calcolo, è la foto di una tempesta solare, un momento di stasi nel caos, la coincidenza che chiamiamo “fatto”. Alcuni fatti, è chiaro, durano piú di altri. Le migliaia di specie che ogni anno si estinguono grazie alle industrie degli esseri umani sono dei fatti durati decine di milioni di anni, anche centinaia, che sarà mai…

      L’essere umano ignora i lunghi piani temporali, straccia le linee evolutive; si inventa queste definizioni poetiche, “tempo profondo”, cercando di aggiustare qualche svista prospettica. La natura si oppone al lavoro dell’uomo: ma se la natura segue le leggi del suo lavoro minimo, perché non gli esseri umani? I nomi sono da prendere per quello che sono, sono il lavoro minimo dell’umano nel caos naturale. Una storia di successo, una tecnologia imperfettibile.

      Estratto da "Fare i Versi" di Niccolò Porcelluzzi per i tipi di Einaudi.

      https://www.einaudi.it/catalogo-libri/scienze-sociali/sociologia/fare-i-versi-nicolo-porcelluzzi-9788858441374/

      https://medusanewsletter.substack.com/p/encelado

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