Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film
Post Tenebras Lux, l’ultimo film di Carlos Reygadas, conduce lo spettatore attraverso sentieri inediti, nascosti, sconvolgenti. Luoghi “privati”, che fanno parte di ognuno di noi.
Il film è la potenza stessa, infinita, dell’occhio dell’uomo (e dello spettatore). Attraverso una tensione scopica e una sperimentazione narrativa assolutamente destabilizzanti, Post Tenebras Lux ci mette continuamente alla prova, svegliando i nostri sensi dal torpore e dall’accidia a cui siamo abituati. Post Tenebras Lux è una sfida cinematografica senza paragoni nel panorama attuale, che spoglia lo spettatore delle proprie sicurezze, lasciandolo nudo di fronte alle sue immagini di ancestrale bellezza e atavica brutalità. Nonostante il profetico titolo originale, è un film che supera completamente le classiche opposizioni manichee tra bene e male, gettando dubbi e domande sui misteri e i moti interiori dell’animo umano. Post Tenebras Lux non “rivela” alcuna verità che non sia quella insita nella forza stessa della visione cinematografica, che (ri)diventa, nel cinema del maestro messicano, esperienza onirica di inusuale e primordiale potenza.
Una bambina corre in una valle alle soglie della foresta messicana – forse, una volta, era un campo da rugby... qualche elemento ce lo fa intuire. Ci sono degli animali intorno a lei: mucche, dei cani che lei chiama per nome. Riprese oggettive in steady-cam si alternano a soggettive particolarmente sfocate della bambina. Si sentono in lontananza dei tuoni. Probabilmente è l’inizio di un temporale. La bambina chiama i suoi genitori, suo fratello, ma nessuno risponde. Calano le tenebre: il film può incominciare.
Questo, lo strepitoso incipit di Post Tenebras Lux. Un film dalla struttura sconnessa, in cui improvvisi flashfoward si alternano a sequenze apparentemente slegate dal normale flusso narrativo degli eventi. Un flusso che diviene a-temporale, eterno e circolare. Un “ruotare”, questo, che, come nel precedente Luz silenciosa, ha come epicentro una coppia in crisi, un matrimonio, o, per meglio dire, il suo fantasma. Ad emergere, dunque, sono le mancanze, il ricordo del desiderio, il vuoto sessuale. Juan e Natalia, ricchi, borghesi, con i loro due figli Rut – vera figlia di Reygadas – ed Eleazar, vivono assieme in una lussuosa villa nella foresta, ma non provano più nulla l’uno per l’altra. Né lo sfogo violento di Juan con un animale (Sátántángo), né una bizzarra orgia (Eyes Wide Shut) sono d’aiuto. I loro destini si incrociano con quello di Sette, un ragazzo che vive in una baracca assieme a moglie e figli, e che fa il boscaiolo. Un reietto, con un passato di droga e criminalità alle spalle, che Juan conosce perché frequenta il suo stesso circolo di servizi sociali. Questo microcosmo però, fin da subito, si allarga a dismisura, superando questioni politiche e sociali, per abbracciare una visione più profonda, più umana, più misteriosa.
Una stanza buia. Si intravede un riflesso rosso che brilla lungo i margini di una porta. Questa si apre, e il diavolo entra nella casa. È un’immagine indefinita, brutalmente stilizzata come potrebbe esserlo un disegno di un bambino. Porta con sé una cassetta per gli attrezzi, e penzola tra le sue gambe un lungo e flaccido pene. Si aggira per le stanze della casa, quando finalmente trova la camera che stava cercando. Ma prima di entrare si gira, solo per un attimo. Un bambino lo sta guardando.
In Post Tenebras Lux, come in tutto il cinema di Reygadas, riesce a convivere una componente materiale e una spirituale. Che – e sia ben chiaro - non è una spiritualità esclusivamente religiosa. È una trascendenza del reale attraverso il cinematografico. L’«impossibile cinematografico», che, come in Bruno Dumont (Hors Satan), può “salvare”. Un cinema diversissimo, certo, dal cineasta francese, ma che trova, come per il regista di Hadewijch, una personale via di fuga dai limiti dell’inquadratura - in Post Tenebras Lux così volutamente sfocata, così beffardamente anamorfica -, proprio nell’occhio dello spettatore. Il cinema di Reygadas non è mai un cinema chiuso – e quest’ultimo film ne è la definitiva conferma. Post Tenebras Lux si “apre”, piuttosto, verso lo spettatore, chiedendogli tanto, tantissimo. Come in Un chien andalou di Bunuel, dobbiamo guardare le cose in maniera diversa, “tagliarci” per un attimo l’occhio per mezzo delle sue immagini, pure e, al contempo, violente. Perché solo così vedremo, dopo le tenebre, la luce.
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