Regia di Sergio Leone vedi scheda film
LA RESUSCITAZIONE DEI FATTI DEL PASSATO
"Quando la musica finisce, raccogli la pistola e cerca di sparare."
La musichetta del carillon dell'Indio, interpretato in maniera magistrale da Gian Maria Volontè, è la fonte latrice di morte che è presente in questo secondo capitolo della famosissima Trilogia Del Dollaro diretta dal grande Sergio Leone. Una nenia lugubre e onirica che sembra non finire mai, che ti porta a uno stato di salute mentale infimo, quasi nullo. Il già citato Indio è l'antagonista della storia e quella musica che toglie tutta la voglia di vivere ai suoi avversari, per lui è la linfa vitale. Vedere un uomo che sta soffrendo in silenzio è come bere la fonte dell'eterna giovinezza, vedere i suoi occhi disperati che, piano piano, si socchiudono lasciando il corpo che viene sigillato in una bara putrida dove poi ci sputa la gente cattiva e prega la gente buona. Gian Maria Volontè era già presente nel precedente Per Un Pugno Di Dollari e interpretava anche lì l'antagonista. In questo film, sembra essere resuscitato insieme alla flotta carica di uomini fino al collo. Tutta questa ciurma, in sintesi, potrebbe essere una famiglia Rojo del futuro, risaldata dallo stesso Indio. Questa analogia è una delle tante che Leone apporta al suo secondo capitolo della trilogia. Ci sono scene che ricalcano con più decisione luoghi comuni, persone accennate ma maturate. Specialmente su quest'ultime Leone si concentra in maniera più decisiva.
Un gruppo di bambini che gioca ricorda il fanciullo che giocava solitario per le strade del precedente film. Anzi, quest'ultimo incarna inconsapevolmente la figura di un bambino che si mette, per poco tempo, in affari con Il Monco, il quale Clint Eastwood, complice anche un ruolo scritto apposta per lui, dona anima e corpo. Il nome non viene detto, i suoi genitori (sempre se sono loro...) sono delle semplici comparsate. Leone non ha tempo da perdere (anche se la differenza della lunghezza tra il primo e il secondo film della trilogia è abissale) con i bambini, la sua messa in scena è da urlo e non lascia spazio a dei fanciulli che, oltretutto, potrebbero anche rovinarti alcune scene clou del film, con interventi fuori senso e con battute che potrebbero diventare al limite del ridicolo.
Ho interpretato il luogo dove i due "buoni" (l'altro è il colonello Mortimer, interpretato da un ottimo Lee Van Cleef) alloggiano come una resuscitazione perenne e completa delle due famiglie che si scontravano per il territorio nel precedente film. Infatti, al momento dell'arrivo nel paesino di El Paso, i due buoni non si scambiano nemmeno uno sguardo intimidito o magari rabbioso, ma si limitano semplicemente a prendere due hotel diversi ma uno di fronte all'altro. La costruzione narrativa e descrittiva di quello che è successo, succede e succederà in quel piccolo spazio angusto dove i due alloggiano ricorda La Finestra Sul Cortile del maestro Hitchcock, specialmente nella scena dove entrambi spiano gli uomini di Indio mentre sono a El Paso e, successivamente, si scambiano i primi sguardi, quelli che lo spettatore aspettava ansiosamente fin da quando entrambi hanno cominciato ad alloggiare nei rispettivi alberghi. La destrutturazione psicologica che questi due personaggi hanno nei propri confronti viene completamente ribaltata a una gara di bravura del tiro al cappello. Le abilità che si mostrano a vicenda lasciano sbalorditi lo spettatore che, in quei brevi eppur lunghissimi minuti, rimane a bocca aperta per la precisione che hanno i due.
Il luogo scatenante dell'intera vicenda è una pulita, grande e sicura banca che entra in contrapposizione con i due alberghi che ho già prima descritto. Se la parola protezione, nel film precedente, era rivolta al protagonista (sempre interpretato da Clint Eastwood), qui sposta completamente il suo baricentro, concentrandosi proprio sulla banca. Oltre a questo, la protezione in forma umana poteva scatenarsi attraverso la fortuna che il diretto interessato possedeva o doveva acquisire, mentre invece la protezione materiale si serve proprio dell'uomo, che in questo caso è usato come strumento inutile, una cavia volta a proteggere un materiale, un mostro che deve diventare bello per assicurarsi la paga a fine mese.
Leone trasporta, dal primo al secondo film, perfino l'amore. L'infatuazione, nella pellicola precedente, era presente tra due persone che dovevano stare lontano a causa dei continui soprusi e ricatti che subivano. In Per Qualche Dollaro In Più, l'amore è sempre rivolto alla figura impersonata da Clint Eastwood. Soltanto che in questo caso avviene in una forma diretta, mentre invece in Per Un Pugno Di Dollari doveva ricostruire una famiglia che si era disgregata, quindi avveniva in una forma indiretta. La cosa che più sorprende lo spettatore è il disinteresse assoluto che provano sia Leone che Eastwood di far innamorare quest'ultimo di una donna. Una donna che, oltretutto, è appena accennata (lavora nell'albergo dove Clint risiede nella breve parentesi a El Paso). Il regista e il protagonista sembrano andare molto d'amore e d'accordo riguardo l'argomento della donna, che sembra una delle tante riprese dai film di Federico Fellini, ovvero grasse, con un seno prosperoso e abbastanza avanti con gli anni. Clint, infatti, non la degna nemmeno di uno sguardo per tutta la durata del film, o almeno fino a quando non decide di andarsene da El Paso. Ma se questo è amore non degnato, quello dove si ricorre allo stupro è completamente fuori dagli schemi. Flashback continui e sempre più rivelatori passano continuamente per la mente malata, drogata e completamente deflagrata dell'Indio, il vero e proprio "autore" dello stupro. Uno sfondo rosso presente in questi flashback ricorda Profondo Rosso di Dario Argento, che ritorna anche nella nenia già citata del carillon dell'antagonista della storia. I ricordi spessi e completi dell'Indio sembrano voler dichiarare un senso di colpa, che si è impossessato di lui dopo i fatti accaduti. Però, mano a mano che il film scorre, lo spettatore comincia a sentirsi nel subconscio un sentimento strano, quello della bugia dell'Indio, che Leone manifesta direttamente nella testa lucida dello spettatore, che vede subito la verità, entrando direttamente in contrapposizione con la testa malata di cattiveria che l'Indio possiede. E' la perversione sessuale che passa per la mente dell'Indio quando ritorna a quei flashback, la voglia di penetrare la donna, la completa uccisione del fidanzato di lei, lo spoglio totale dei vestiti della donna. Le droghe, come ci insegnano i genitori, bruciano il cervello e tutte le cellule che lo compongono fino a portare la persona che ne fa uso a una morte lenta eppure piacevole. L'Indio è la figura che sputa veleno su un telone bianco, colui che butta benzina dove gli capita, colui che porta veramente lo scompiglio fra tutti, perfino tra i suoi compagni d'avventura, cosa che accade dopo il colpo alla banca di El Paso, quando arriva il momento della spartizione del bottino.
Anche in questo secondo capitolo, la figura interpretata da Eastwood è una specie di pedina che sia Leone sia Mortimer possono usare a proprio piacimento. Il regista lo manipola per le ricorrenze nella trilogia del dollaro, ovvero che Eastwood si debìve intrufolare nella banda nemica e fare il doppio gioco. Ricordate come andò a finire in Per Un Pugno Di Dollari? A suon di botte, i Rojo si vendicarono. Il capo della famiglia e l'Indio sono interpretati dallo stesso attore, il già citato Gian Maria Volontè, che anche in questo secondo capitolo si rivendica del torto subito da Eastwood, dato che ha scoperto tutto. Mortimer usa Eastwood in maniera diversa. La società che fondano insieme si basa sulla solita dritta, ovvero io sono la mente e tu il braccio. Il braccio, in questa società, lo sono entrambi, però Mortimer, complice anche la sua più lunga esperienza, è l'unico tra i due che può veramente elaborare piani insospettabili per gli avversari. Eppure, nella tortura finale, entrambi vengono torturati e riempiti di sante botte. Anche in questo caso, Leone osserva la scena compiaciuto, non contento del lavoro svolto dal colonnello Mortimer, che considera una fiacca caricatura di sè stesso.
Nonostante siano in società, i due buoni hanno obiettivi diversi riguardo alla cattura di Indio. Il Monco Eastwood lo fa, come consueto, per soldi, cosicchè potrà aprire un ranch in mezzo alle montagne grigie che caratterizzano il grande west. Il colonnello Mortimer per vendicarsi della sorella stuprata, la stessa dei flashback che ho descritto sopra. Alcune scelte stilistiche che poi si protrarrano nel futuro, quando diventeranno significative, dimostrano quanto Leone sia avanti nei tempi. Ad esempio la scena della liberazione quasi del tutto stabile dei due protagonisti dopo la tortura, che poi porterà al duello finale, minuti che poi daranno significato a tutto il resto del cinema di Sergio Leone.
Da ricordare anche le due piccole comparsate di Klaus Kinski, nel ruolo del gobbo appartenente alla banda dell'Indio, specialmente nella scena del bar, quando il colonnello Mortimer accende una miccietta per il sigaro proprio nella sua schiena. La vendetta, alla fine si compie, soltanto che Gian Maria Volontè non ha più possibilità di resuscitare, dato che alla fine muore e nel successivo film della Trilogia Del Dollaro, Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo, non compare nemmeno, mentre invece sia Clint Eastwood, sia Lee Van Cleef ritorneranno davanti alla macchina da presa di Sergio Leone. Se nel prologo del film si vedeva un puntino nero che veniva ucciso da un gigante senza corpo (dato che la macchina da presa di Leone non inquadrava colui che spara), nel finale la macchina da presa offre primi piani completi del colonnello Mortimer e dell'Indio, mentre Eastwood aziona la nenia straziante per dare inizio al combattimento tra i due, dove avrà la meglio il colonnello Mortimer. Meglio di Per Un Pugno Di Dollari, ma la perfezione artistica Leone la troverà soltanto dopo il terzo, splendido, film della Trilogia Del Dollaro.
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