Regia di Giorgio Ferroni vedi scheda film
Per pochi dollari ancora (1966): Giuliano Gemma
PER POCHI DOLLARI ANCORA (1966)
"Western all'italiana" decisamente non è il mio genere (non sto parlando naturalmente di Sergio Leone: i suoi film credo di averli visti tutti e con godimento) ma sto facendo qualche tentativo di avvicinarmici quando penso di non trovarmi di fronte a quell'eccesso di violenza - a mio parere insopportabile - che in molti casi mi ha indotto ad interromperne la visione dopo poche decine di minuti.
Quello che mi ispira è il rispetto che nutro da qualche tempo nei confronti di quei registi di B-movies che spesso sono stati frettolosamente considerati "di serie B" ed invece probabilmente tra loro molti sono stati dei "signori " registi, capaci di destreggiarsi in generi diversi sempre con risorse limitate ma con esiti felici almeno nei confronti del grande pubblico. Attenti alle mode del momento per esigenze di cassetta, necessariamente ottimi "artigiani" - parola che di per sè in me genera ammirazione - capaci anche, talora, di rivelare il tocco dell'artista. In America, per esempio, tanto per rimanere nel filone del West, alcuni di essi, dopo decine d'anni, sono stati riconosciuti "grandi". Due nomi: Boetticher e De Toth.
Giorgio Ferroni - dopo una serie di "peplum" - fra il 1965 e il 1967 (anche con lo pseudonimo di Jackson Calvin Padget) diresse tre film western, questo è il secondo, sempre con protagonista Giuliano Gemma (Montgomery Wood) che ha in tutti e tre lo stesso nome (cambia solo il cognome): Gary, penso per evocare l'indimenticabile Gary Cooper. (1)
Molte sono state le cose che mi hanno soddisfatto in questo film che credo anomalo rispetto al clichè del filone.
Già l'inizio mi ha favorevolmente colpito per un paio di scazzottate assai divertenti e innocue, del tipo Terence Hill / Bud Spencer (ma con quattro anni d'anticipo) che non potevo aspettarmi: la prima fra un antipatico caporale nordista e Gary Diamond, ufficiale sudista che, alla pari dei suoi compagni, tutti prigionieri dei vincitori della guerra di secessione, trova immangiabile la brodaglia loro servita come pasto; la seconda più tardi, successiva all'incarico ricevuto da Gary, fra lui (in coppia con un altro "incaricato", sergente nordista già diventato suo amico) ed una folla che pretenderebbe di impedire ad una bella ragazza, Connie (Sophie Daumier) di prendere il suo posto sulla diligenza, che invece le spetta in quanto in possesso di autorizzazione del comando militare onestamente (e rapidamente) ottenuta in forza della sua avvenenza. Naturalmente, c'è attrazione immediata fra Gary e Connie, la quale nello sviluppo della storia entrerà significativamente.
Ecco, l'incarico: è la chiave di tutta la trama del film, trama che ho trovato interessante ed originale anche se - non lo sapevo - "strizza l'occhiolino al Michele Strogoff di Jules Verne", come ha osservato giurista 81 nella sua recensione. Accade che, mentre Gary è in cella di rigore per la prima scazzottata, vengono fatti prigionieri due banditi e, dopo che il primo è stato giustiziato senza tentennamenti, il secondo, nel tentativo di aver salva la vita, confida al comandante nordista il piano della sua banda: metter le mani sulla ricca riserva aurea custodita dai nordisti a Fort Yuma. Come? Approfittando del caos che si creerà prossimamente quando il forte sarà assalito da 800 confederati "irriducibili", nel senso che non si sono ancora arresi però al momento se ne stanno tranquilli in una qualche zona vicina ma non nota ai nordisti. Sarebbe un assalto, in campo aperto, senza alcuna possibilità di successo: che senso avrebbe tentarlo? Presto detto, l'avidità non ha limiti: il maggiore Sanders (Jacques Sernas), comandante di quegli 800 uomini, è un criminale inaudito ed ha già spiegato loro - mentendo - che Fort Yuma risulta, da informazioni sicure in suo possesso, pressochè sguarnito, pochi uomini e poche munizioni. Una volta lanciatili all'assalto, saranno presto decimati dai 16 potenti cannoni di cui in effetti dispongono i 200 uomini di Fort Yuma, ma intanto li terranno impegnati mentre lui si dileguerà unendosi ai banditi onde spartirsi con loro tutto l'oro cui arriveranno facilmente una volta finito il prolungamento in corso di gallerie minerarie fuori uso. Il tutto dovrebbe avvenire di lì a poco.
Il comandante del forte incarica un suo capitano (che però si rivelerà anch'egli complice dei banditi) ed il sergente di cui sopra di portare un dispaccio urgente al comandante di Fort Yuma che lo informerà del piano criminale, salverà l'oro e vorrebbe, se possibile, evitare anche l'inutile sacrificio di tante vite umane, nordisti o sudisti che siano, tutti americani ormai: "Non aprite il fuoco se non in risposta a fuoco altrui". Con loro, Diamond completerà il terzetto voluto dal comandante nordista, che si fida della sua parola d'onore avendo avuto prove della sua lealtà. Lui conosce bene il territorio, farà da guida agli altri due e in più ha un compito delicatissimo, quello di tentare di convincere i suoi ex commilitoni, che lo stimano, a non tentare quell'assalto suicida perchè chi li guida è un infame che li sta per mandare a morte solo per arricchirsi.
Non vi ho raccontato il film, ma solo una mezz'ora scarsa. Gli amanti degli western all'italiana, che sono più di me abituati ad un po' di violenza in questo genere di film, proprio nella parte successiva apprezzeranno episodi inediti (la tortura indiana inflitta agli occhi di Gary, per esempio) e in alcune particolarità (l'armonica a bocca, il segno della croce non gratuito nel duello finale) individueranno attinenze con altri film più noti, successivi, o citazioni di precedenti.
A me è proprio piaciuta la vicenda narrata, col suo obiettivo di salvare vite umane. Se tutto andasse bene, s'intende.
Interpreti, soggetto, sceneggiatura e regia mi sembrano dignitosi, apprezzabili. (2)
Peraltro, vedo che qualcuno ha definito il film "lento": a me non è parso; comunque, può darsi, magari in qualche tratto, ma ho già detto varie volte che, salvo casi limite, una certa lentezza è da me considerata un pregio più che un difetto.
Mi dispiace sempre un pochino vedere utilizzato il mio caro Jacques Sernas in parti da cattivo, qui poi oltre misura, cui non mi dà mai l'impressione di essere particolarmente adatto, salvo vedere la cattiveria al grado più alto in quella freddezza senza sentimenti che indubbiamente è nei suoi registri: in "Gioventù perduta" ci stava in pieno, ma in un western... boh, scelta opinabile, credo.
il mio voto? Le recensioni finora pubblicate, così come la più utilitata, si attestano già sull'ampia sufficienza (3 stelle, da sei opinionisti), salvo una positiva ed una negativa.
Io mi sento di aggiungere quella mezza stella in più che porta il giudizio nell'area positiva. (3)
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(1)
I tre film interpretati da Gemma sono: "Un dollaro bucato" (1965), "Per pochi dollari ancora", (1966) e "Wanted" (1967).
Nel 1968 Ferroni diresse poi il suo quarto ed ultimo western "Il pistolero segnato da Dio", con un diverso protagonista: Antonio De Teffè (Anthony Steffen).
(2)
Per quel che riguarda le musiche, la furbata del produttore di utilizzare un solo brano di Ennio Morricone nel film e però sfruttare il suo nome (vedasi locandina, insieme a quello di Gianni Ferrio) non fu gradita al musicista: da ciò una causa durata sette anni.
Altra "furbata", in questo caso indolore, il titolo del film, dopo che nel 1965 aveva naturalmente avuto grande successo "Per qualche dollaro in più", il secondo film della cosiddetta "trilogia del dollaro" di Leone con Eastwood.
(3)
Positivo fu certamente il risultato economico di questo film: costò 195 milioni di lire e ne incassò oltre un miliardo e 300 milioni, in Italia nel 1966, ottavo posto nella classifica degli incassi di quell'anno, sui livelli di "Signore e signori" di Germi.
Il film che incassò di più in Italia in quell'anno (circa 3 miliardi di lire) fu "Il buono, il brutto, il cattivo" di Leone, del dicembre 1965.
Per pochi dollari ancora (1966): Giuliano Gemma
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Altro che scusarti, Rocco! Voglio anzi approfittare della tua competenza in materia.
Circa 40 giorni fa se ne è andato un regista autodefinitosi nella autobiografia del 2014 "Un regista di B- movies", direi - e mi è dispiaciuto - senza alcun commiato (se non miè sfuggito) su questo sito. Parlo di Mario Caiano (ma la stessa cosa potrei dire, credo, per Nelo Risi, un intellettuale di cui si ricorda "Diario di una schizofrenica" e pochi altri film, considerato in ogni caso "un regista di serie A"). Tornando a Caiano.. Non lo conoscevo. Casualmente vidi, con apprezzamento, "La svastica nel ventre" (e considerai quasi offensivo definirlo, come leggo dovunque, un film "erotico"). Cercai qualche notizia su di lui su web scoprendo, con grande mio rammarico, che era morto due giorni prima. Vidi poco dopo "Milano violenta" e anche questo mi piacque molto. In sostanza, anche avendo letto altro su di lui, mi sembra un regista sottovalutato se non incompreso. E forse anche disilluso, come se rivendicasse di dover essere definito"regista di serie A, anche se autore di B-movies.
Riguardo al genere western, sono due i suoi film su cui gradirei il tuo parere, se li conosci: "Duello nel Texas", del 1963; e, soprattutto, "Le pistole non discutono", del 1964. Se li hai visti o se ne sai comunque qualcosa di più di quel che si trova in rete...
Ti ringrazio e ti saluto. Franco
Hai ragione Franco, in realtà è il triste destino di molti registi "dimenticati" del nostro cinema (pochi giorni fa è scomparso "silenziosamente" anche Sergio Sollima,, altro autore importante del nostro cinema "di genere"). Mario Caiano non è mai stato un grandissimo autore, ma un buon artigiano che ha diretto anche alcune pellicole interessanti (penso a quello citato da te, "Milano violenta", un noir cupo e pessimista che ricalca i temi di quelli francesi o americani, o il western "Un treno per Durango" con Enrico Maria Salerno). Pur avendo diretto molti spaghetti-western, Caiano non ha lasciato una impronta indelebile nel genere. Eppure, i primi due film riconducibili a questo filone sono suoi. "Duello nel Texas" fu co-diretto da Caiano insieme ad un altro regista spagnolo, mentre la storia di "Le pistole non discutono" è abbastanza particolare. Fu realizzato dalla Jolly Film contemporaneamente a "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone. Il film di Caiano era quello sul quale i produttori contavano di più, con una vecchia gloria americana di nome Rod Cameron come protagonista. Il film di Leone, invece, doveva essere un "gemello minore", un film sul quale gli stessi produttori contavano poco. Le sorti commerciali premiarono invece la genialità di "Per un pugno di dollari", mentre il film di Caiano cadde nel dimenticatoio, forse anche giustamente visto che era abbastanza ingenuo come western. Mi fa piacere però che il tuo ricordo vada a registi come lui, che per le loro qualità "artigiane" meritavano comunque un giusto riconoscimento. Ciao Franco
grazie Rocco....
Thank you, Rocky, mi spiace molto anche per Sollima. Quei due western, specie il secondo, bisognerà che riesca a vrderli. Ciao, a presto.
di Caiano ho 9 film tra cui LE PISTOLE NON DISCUTONO ....ma devo ancora vederlo...ma in rete si trova......
Mi inchino alla competenza ( già nota ed indiscussa) di Rocco in materia nonché della tua, Franco, nel rispondere, per cui mi limito a complimentarmi per la piacevole ed istruttiva lettura. Salutoni, Paolo.
Grazie, carissimo!
Nell'introduzione hai scritto delle frasi sui registi e altro che condivido pienamente. Il racconto è chiarissimo e ben utilizzato. Le notizie extra
sono come sempre un valore aggiunto.Grazie
Sempre buona con nonno cherubino! Che ti saluta affettusamente.
Franco devo dirti che Gemma l'ho riscoperto dopo la sua "strana " morte,da non dimenticare che ha fatto anche notevoli film con Zurlini,Monicelli,Damiani ...e poi i wetern come quello che hai descritto con la tua solita grande maestria.....sei preparatissimo.grazie.
Qualche notiziola da web, dopo aver visto il film, tutto qui. E la gentilezza di un lettore come te.
Questo film doveva esser diretto da ALBERTO DE MARTINO, ma GIULIANO GEMMA, che era stato messo sotto contratto da AMATI in virtù dei successi dei vari RINGO di Tessari, si impuntò per avere alla regia Giorgio Ferroni (con cui aveva fatto UN DOLLARO BUCATO). AMATI, però, aveva già sotto contratto De Martino e non poteva accantonarlo per un capriccio di un attore; si trovò allora costretto a mettere su, in fretta e furia, un secondo film da affidare a De Martino (DJANGO SPARA PER PRIMO) tanto che ingaggiò un attore quale protagonista (l'olandese Glenn Saxxon) che poi scoprì incapace di cavalcare, in quanto aveva paura dei cavalli...!!!
Ah vedi un po'... non era un dettaglio trascurabile.
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