Regia di Michel Franco vedi scheda film
Dopo la morte della moglie per un incidente d'auto, Roberto e la figlia Alejandra si trasferiscono dalla cittadina di mare dove vivevano alla capitale messicana, dove cercano di ricominciare una nuova vita e risaldare un legame familiare messo a dura prova dalla dolorosa perdita. Quando il padre inizia il suo lavoro di chef in un ristorante della zona e la figlia riprende le lezioni nella nuova scuola tutto sembra andare per il meglio, finchè quest'ultima non inizia ad essere tormentata e assillata dal bullismo di alcuni suoi compagni di classe a causa di un incauto rapporto sessuale consumato durante una festa tra amici. Finale tragico.
Che il New Cinema messicano godesse di ottima salute lo avevamo già capito non solo dall'impulso artistico e produttivo dei tres amigos Iñárritu, Cuarón e Del Toro, ma anche dalla miriade di piccole e medie produzioni che hanno messo in luce talenti e idee apprezzate tanto nei festival euorpei (Cannes e Venezia in primis) ma anche dall'establishment cinematografico americano (dal Sundance al Tribeca fino ad Hollywood) che ne ha cooptato l'importanza tanto da un punto di vista delle tematiche sociali proprie del cinema indipendente quanto sul versante delle produzioni più spettacolari o di genere. Non fa difetto nemmeno questo dramma familiare sulla elaborazione di un lutto che diventa motivo per scandagliare con discreto realismo descrittivo il fragile equilibrio dei rapporti umani ed i complessi meccanismi che si mettono in moto nelle dinamiche relazionali tra adolescenti di buona famiglia in una società ormai globalizzata (è il Messico ma potrebbe essere la Francia o gli States) e dove il substrato culturale ed i valori fondanti delle generazioni passate (il padre, le istituzioni scolastiche, la polizia) abdicano e si appiattiscono sul versante di una ritualità compulsiva a base di smartphone e sessualità libera, droghe (leggere?) e alcool, mobbing orizzontale e inadeguatezza pedagogica, creando quelle condizioni in cui la percezione distorta dell'altro e del proprio ruolo comportano una incontrollabile e lenta deriva dagli esiti infausti.
Se l'idea di fondo è quella di scegliere la neutralità di un punto di vista sulla realtà che utilizzi con inflessibile rigore la camera fissa in campo medio all'interno della quale si manifesta l'ordinaria quotidianità di piccoli e grandi traumi personali e collettivi, il film di Franco dimostra di avere una sua organicità programmatica spostando lentamente il suo epicentro emotivo dagli abusi sulla figlia alla ineluttabile reazione paterna, laddove l'impulso stizzito dell'incipit (l'abbandono dell'auto appena riparata dopo l'incidente della moglie) si trasforma con inesorabile gradualità nel limite di una sopportazione del lutto che nel finale si crede di aver subito (l'apparente suicidio della figlia) e che conduce al terribile epilogo di una tragedia annunciata. Siamo dalle parti insomma di una tragedia della classicità riadattata all'uso e consumo di un cinema che si staglia sul confine incerto tra lo spaccato sociale ed il dramma familiare, senza nulla togliere per questo al valore di una cifra stilistica di ineluttabile conseguenzialità ed alla credibilità psicologica delle situazioni proposte (quando si dice: cosa si cela dietro il dramma di un fatto di cronaca nera?), anche e soprattutto grazie all'ottimo lavoro di scrittura (nessun dialogo ridondante e melodrammatico) e ad una regia attenta e controllata.
Ci aveva già provato, con esiti comparabili, anche nel film precedente ('Daniel Y Ana' - 2009) dove le ricadute psicologiche di un'incesto coatto aprivano scenari imprevedibili e potenzialmente fatali all'interno di uno spaccato borghese dove i silenzi e le sotterranee tensioni sono il motore di una incombente tragedia familiare divisa tra pulsioni ancestrali e salvaguardia delle convenzioni sociali.
Daniel Y Ana (2009): Dario Yazbek Bernal e Marimar Vega
Después de Lucía (2012): Hernán Mendoza e Tessa Ía González Norvind
Bravi gli interpreti in ruoli naturali tra cui spicca l'ombrosa determinazione del padre ferito di Hernán Mendoza e la fragile e mite adolescente della succube Tessa Ía González Norvind. Vincitore del premio Un Certain Regard al Festival di Cannes 2012 e selezionato come Miglior film straniero per il Messico all'85° Edizione dei Premi Oscar.
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