Regia di Laurent Bouzereau vedi scheda film
“Ce qualche film di cui puoi dire è perfetto, non toccherei niente?”
“Se potessi mettere una pellicola sulla mia tomba…vorrei che fosse Il pianista”
Con queste lapidarie parole il grande regista polacco chiude l’intervista rilasciata al suo amico Andrew Braunsberg durante il lungo e forzato ritiro nella residenza di Gstaad in Svizzera, Polanski si trovava agli arresti domiciliari (in attesa di estradizione) per la famigerata questione dello stupro della minorenne Samantha Geimer, fu arrestato a Zurigo nel 2009 mentre si recava a ritirare un premio.
L’intervista è l’occasione per affrontare alcuni degli eventi più importanti e tragici della vita del regista, nell’amichevole botta e risposta (Braunsberg è amico di Polanski dal ’64) si parla molto più dell’uomo che dell’artista, e quel riferimento finale a Il Pianista, opera fondamentale nella sua filmografia, testimonia una vetta artistica ma anche l’origine di un viaggio nel passato che inevitabilmente non può che partire dalla guerra e dalla persecuzione nazista.
In un clima sereno Polanski racconta la sua drammatica infanzia, i rastrellamenti, il ghetto, la vita di un bambino di 12 anni messo subito di fronte alle avversità della vita, lui parla dei suoi genitori e si commuove solo quando affronta l’argomento della madre incinta portata via dai tedeschi e mai più rivista.
Polanski racconta la sua straordinaria vita tenendo in secondo piano l’aspetto la sua arte, ci sono degli accenni che spiegano la sua predisposizione naturale, il periodo nei boy scout, la scoperta della radio e del teatro, la decisione di diventare regista e la lavorazione del suo primo lungometraggio (Il coltello nell’acqua).
Si parla anche di questo ma le domande vertono maggiormente sul privato, cercando di analizzare un cammino umano decisamente non comune, una vita da film si potrebbe dire, fatta di alti e di clamorosi e drammatici bassi, Polanski ormai maturo si guarda indietro e affronta il suo passato di tragedie con apparente fatalismo ma in più di una circostanza la sua corazza sembra sgretolarsi lasciando filtrare un dolore che non si può cancellare.
La morte di sua moglie Sharon Tate (anche lei incinta come la madre deportata) è uno di questi eventi, l’assurdità della vicenda lascia ancora oggi basiti, il regista però non può dimenticare il dramma vissuto ne quello che ha dovuto sopportare nei mesi successivi, quando venne addirittura sospettato della strage.
Il cerchio viene chiuso con la vicenda dello stupro che a distanza di più di trent’anni ancora lo perseguita, Polanski chiede pubblicamente scusa alla ragazza che come lui (e forse più di lui), ha pagato e continua a pagare per questa storia.
In mezzo a tanti eventi drammatici il regista polacco sembra oggi aver trovato un oasi di serenità grazie alla moglie Emmanuelle Seigner e ai suoi due figli, un momento di pace che segue una vita segnata da drammi e tragedie.
Polanski si espone con apparente sincerità alle domande del suo amico Braunsberg e l’intervista è appassionante e coinvolgente nonostante la sua durata, alla fine ne esce fuori il ritratto di un uomo di gran talento e intelligenza ma a tratti sfuggente, una personalità molto complessa frutto inevitabile dei trascorsi passati, del resto non si può vivere una vita come quella che ha vissuto lui senza rimanere fortemente segnati dalla vita stessa.
Consigliato a tutti gli amanti di Polanski, l'intervista si trova tranquillamente su Youtube sottotitolata.
Voto: 7.5
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