Regia di Laurent Bouzereau vedi scheda film
Non un semplice documentario su Roman Polanski e il suo cinema ma una lunga confessione, contrappuntata da immagini e documenti anche inediti, fatta dal cineasta davanti a una macchina da presa “amica”. Un vero memoir, tra il diario intimo e la testimonianza pubblica. L’impressione è che l’occasione sia utile al regista per un redde rationem con se stesso, complice un intervistatore non certo ostile, anzi amico da trent’anni, quell’Andrew Braunsberg che produsse alcuni suoi capolavori, tra i quali L’inquilino del terzo piano. Anche la location non è banale. L’incontro tra i due avviene quando Polanski è agli arresti domiciliari a Gstaad, in Svizzera, nel suo chalet in montagna. Il governo federale elvetico ha infatti accolto una richiesta d’arresto del Dipartimento di Stato Usa per il famigerato episodio della violenza sessuale ai danni di Samantha Geimer, avvenuta nella villa di Jack Nicholson nel 1977. E quindi, si comincia. Lo chalet è sobrio, Braunsberg e Polanski si conoscono da una vita, la situazione pare addirittura surreale tanto è amichevole. Mancano solo il fuoco scoppiettante nel caminetto e una bottiglia di amaro Montenegro sul tavolo. Le parole, però, sono pietre. Roman racconta: la nascita a Parigi e la decisione infausta del padre, ebreo polacco, di tornare in patria poco prima che si scateni l’inferno. Quindi il nazismo, la perdita degli amici, i rastrellamenti, la morte della madre ad Auschwitz, la sua adolescenza in campagna, in luoghi fedelmente ricostruiti in Oliver Twist, poi, dopo la guerra, il lavoro come giovane attore di talento, la scuola di cinema, l’antisemitismo di ritorno e la censura comunista, la Swingin’ London, l’amicizia con Gérard Brach, Per favore, non mordermi sul collo! e l’amore per Sharon Tate, Manson, il trionfo hollywoodiano, l’abuso su Samantha Geimer che in una intervista a Larry King racconta tutto e dice la sua. Nessuna reticenza su nulla, ognuno si faccia la propria idea con una certezza: tra espiazione (che riguarda il debito con la società) e redenzione (che invece attiene a se stessi e, se si è credenti, a Dio), c’è molta differenza. Tutto il Novecento, le tragedie epocali e quelle personali, attraverso gli occhi di un unico uomo, piccolo, incapace di arrendersi a mille cose che noi umani...
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