Regia di Laurent Bouzereau vedi scheda film
L'uomo è "nudo",non il regista o l'artista,unicamente l'uomo,spoglio da sensi di colpa e ricordi atroci,è un animo "libero" quello che parla.
Roman Polanski si confronta con sè,noi e la (sua) storia.
Non è cosa da poco,rievocare drammi e tragedie segnate nel cuore, riuscendo a farlo senza reticenze o autoindulgenze.
Parla la lingua del cuore,attraverso l'intervista/confessione al suo caro amico Andrew Braunsberg.
Ne esce un ritratto spoglio,e ancorchè scomodo,d'un artista talentuoso che ha scritto la storia del cinema.
Aldila' dei capolavori come "Rosemary...","Chinatown" o il pluripremiato "Il Pianista",colpisce la sincerita' dell'uomo.
E' una vita segnata da traumi,lutti e tragedie di vario tipo delle quali egli si fa carico.
Lucidamente rievoca gli anni dell'infanzia,da Parigi passando per il ghetto di Varsavia.E' la prima delle varie tragedie con la perdita della madre ad Auschwitz.Il piccolo Roman cresce sballottato di famiglia in famiglia,scampando agli orrori dell'Olocausto nazista.
E' una rievocazione postuma,fondata sulle proprie radici ebraiche,su reminiscenze e ricordi atroci,figure spettrali e macerie.
Amici che moriranno e un orribile fame,una sorta di "sceneggiatura" in anticipo, che sara' la base del suo capolavoro "Il Pianista."
Poi il ricongiungimento con il sopravvisuto padre,e l'avvio al mondo dell'arte.
Polanski ragazzino era gia' un talento ribelle,masticava cinema nelle spoglie sale di Varsavia.Film tedeschi lo hanno accompagnato nell'infanzia, carichi di magia per l' adolescente sognatore,col senno di poi orribili nella fattura.
Poi l'iscrizione alla scuola di cinema,nella Polonia del regime comunista,e l'esordio alla regia con il "Coltello nell'acqua" (1962).
Recensioni entusiastiche e premi accompagano l'ascesa d'un talento puro, in film dalle tematiche scomode e nichiliste.
I rapporti umani difficili sono il "train de vie" d'inizio carriera,quasi un voler sgombrarsi di dosso l'ombra degli anni difficili.
Polanski uomo e artista sono entita' separate,l'uno per il talento,l'altro per il privato turbolento.L'arrivo nell'America pre-sessantottina è il culmine della gioia per Roman,un periodo di liberta' sessuale e fervore artistico.
Piu' di tutto è l'incontro con la bellissima attrice Sharon Tate a segnare la vita del regista.
Un periodo felice,con Sharon in attesa d'un bambino e il lavoro a gonfie vele.Ma le vite segnate dal fato hanno una predisposizione "genetica" all'assurdo.Un qualcosa sospeso tra follia,irrazionalita' e orrore che irrompe nella villa di Roman e Sharon a Bel Air.
Mentre lui è a Londra per una sceneggiatura,la setta di Charles Manson penetra nella villa.E' una strage,con 5 morti,tra cui la stessa Sharon.E' un orrore che ti penetra nelle vene,gela il sangue,cambiandone persino la personalita' stessa.
Polanski ne parla ancora oggi con apprensione,carico d'un dolore mai del tutto smaltito,su cui portera' sempre i segni.
La ripresa sara' lunga e difficile,con il lento ritorno al cinema con la tragedia di "MacBeth",un film cupo e pessimistico,che rifletteva le ombre del periodo.
Dopo la catastrofe del 1969 Polanski nonostante tutto continua a lavorare,firmando capolavori come "Chinatown" che lo proiettano nell'olimpo del cinema.
Passera' per vicende controverse,come lo "stupro" alla tredicenne Samantha Geimer nel 1977,con l'arresto e l'allontanamento perentorio dagli States.
Una vicenda che l'artista si porta ancora oggi dietro,frutto di una vicenda controversa, oscillante tra sesso e droga,di cui sconta oggi(!) gli arresti domiciliari.
Il regista viene infatti ripreso nel rifugio di Gstaad in Svizzera,è un uomo in debito con la giustizia,con cui scontera' presto la pena.
Nonostante le sofferenze,gli scandali e i drammi,Roman è un uomo irrimediabilmente vivo,sara' per il genio e il talento che lo percorrono.Oppure per l'amore della moglie,l'attrice Emmanuelle Seigner,che gli ha dato due figli.
Nell'uomo Polanski rivivono alla grande lo Yin e Yang della religione Taoista.
Il bene e il male miscelati,nel suo caso forse non in armonia.
Tuttavia ne rimane un ottantenne ottimista,ancora al lavoro,un credente nato per la "settima arte".
Il documentario di Bouzereau ce lo restituisce integro,come una canna di bambu',che si piega ma non si spezza.
Un documento interessante,su una vita non comune,dove l'amarezza e il dolore si contrappongono continuamente allo splendore d'un talento cinematografico.
Roman rimane li seduto,ha scontato il suo debito con la giustizia,un piccolo grande uomo/artista con le stigmate del sopravvisuto.Un artista che accoglie in se la grandezza e le debolezze umane,due elementi che pare nella sua vita si tengono per mano.
Polanski nonostante tutto è ancora li,pronto a regalarci altre pellicole,perchè come dice un proverbio ZEN:
"Nella vita di un uomo gli eventi esterni sono impermanenti,la vera stabilita' e all'interno di noi....."
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta