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La Playa DC

Regia di Juan Andrés Arango vedi scheda film

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La recensione su La Playa DC

di OGM
8 stelle

Trovare la strada. Per Tomas Ramirez quello è l’unico scopo. Deve rintracciare il fratello minore Jairo, con il quale riallacciare un rapporto interrotto, magari tornando a quel posto sul mare, chiamato Buenaventura, dove da bambini erano stati felici. Adesso che sono adolescenti, vivono in un quartiere popolare di Bogotà, insieme alla madre, al patrigno ed un fratellastro nato da poco. Nella grande città si sono persi, Jairo è finito a spacciare droga, mentre Tomas si arrangia come può, con piccoli lavori rimediati qua e là. Il suo sogno sarebbe poter mettere a frutto il suo talento per il disegno, anche solo per creare quelle particolari pettinature scolpite al rasoio, che fanno parte della tradizione della sua gente. La leggenda narra che un tempo, sulle teste degli uomini in procinto di partire, si tagliavano i capelli in modo da tracciarvi delle mappe, utili a ricordare la via di casa. E oggi Tomas, in quella pratica artistica, che apparentemente corrisponde soltanto ad una moda adolescenziale, vede l’unica possibilità di salvezza. Le sue speranze di riscatto sono legate ad un ancestrale marchio di appartenenza, che fa venire voglia di restare, rimanendo attaccati alle proprie radici,  anziché mettersi in viaggio alla ricerca del nuovo. Contrariamente a Chaco, l’altro suo fratello, che non vede l’ora di imbarcarsi ed emigrare, Tomas è fermamente intenzionato a costruirsi una vita nel luogo che il destino gli ha assegnato, nel quale abita la sua famiglia, e dal quale non è pensabile che il senso sia sparito. L’ambiente, afflitto dai dislivelli sociali e dalle tensioni interetniche,  sembra volerlo condannare all’emarginazione, ma il giovane resiste con tutte le sue forze, pur in mezzo ad un mondo aggressivo e pericoloso, che lo guarda con disprezzo o sospetto, e che da lui non si aspetta nulla di buono. Tomas è in cammino, sempre, anche quando la meta è si mantiene indecifrabile, nascosta dietro l’orizzonte chiuso della metropoli, ingombro di gente, palazzi, traffico e di tante sfavillanti illusioni. L’obiettivo lo riprende spesso di spalle, con in primo piano le treccine rasta che gli scendono sul collo: lo guardiamo muoversi in avanti, ma non capiamo verso dove, né perché. Il suo andare, che quasi sempre gira in tondo, o magari a vuoto, è la marcia di chi, pur non abbandonando la propria posizione, non intende fermarsi, in modo da far circolare il sangue ed i pensieri. Nella sua mente si alternano ricordi e fantasie, che sono il punto di partenza per i suoi progetti di un futuro coerente con ciò che sa di essere stato e che vuole continuare ad essere: un ragazzo colombiano di colore, il cui padre è stato ucciso, e che in un modo diviso tra guardie e ladri, non può piegarsi all’idea di diventare né il solito delinquente con la pistola, né un qualunque addetto alla vigilanza armata. Il suo no è lanciato contro l’ignoto; ma il domani può cominciare anche subito, appoggiandosi ad una vecchia sedia, piazzata in mezzo a un marciapiede.

 

La Playa DC ha concorso, per la Colombia, al premio Oscar 2014 per il migliore film straniero.

 

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