Trama
1942. Le truppe naziste hanno occupato la regione occidentale della Russia. Burov e Voitik, due partigiani sovietici, si recano a prelevare Sushenya, un dipendente delle ferrovie dapprima arrestato dai tedeschi e poi rilasciato. Sushenya, che non si è mai fidato nemmeno della moglie, nega di aver collaborato con i nemici e, poiché nessuno dà credito alle sue parole, segue i due partigiani con la speranza di riuscire a dimostrare la sua innocenza e salvarsi dalla loro sete di vendetta. Quando durante l'attraversamento della foresta rimangono vittime di un'imboscata, Sushenya è chiamato a fare una scelta morale, che rimette in discussione i concetti di tradimento ed eroismo.
Approfondimento
INTRECCIO TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
Seconda guerra mondiale, frontiera occidentale dell'Unione Sovietica: nella foresta due partigiani sono in cammino per uccidere un civile. Si tratta di una missione. I loro compagni, combattenti della resistenza, hanno deciso che questo civile è un traditore e i traditori devono essere uccisi. Questo è l'incipit del romanzo di Vasil Bykov da cui il film di Sergei Loznitsa, in concorso al Festival di Cannes 2012, trae spunto. Byvov, diciassettenne al momento dello scoppio del conflitto, trasse la storia a partire da un elemento biografico: lavoratore in Ucraina per costruire le linee di difesa, durante la ritirata venne arrestato come presunta spia delle truppe tedesche, proprio come accade al protagonista Sushenya. Condannato a morte dai partigiani, Sushenya è un uomo innocente che, a causa di sfortunate circostanze e coincidenze, non è in grado di dimostrare la propria buona fede e si avvia insieme ai suoi carcerieri/compagni verso la tragica conclusione di una situazione disperata e senza via di uscita per mancanza di comprensione e di dialogo tra le parti. Sushenya, Voitik e Burov capiscono di essere condannati solo nel momento in cui sono in grado di vedere il vero stato delle cose. Le loro personalità vengono rivelate attraverso tre lunghi flashback che aiutano lo spettatore a capire come sono stati coinvolti nella vicenda e che frammentano la struttura del film, conferendogli un andamento quasi regolare. Intrecciando presente e passato, lo spettatore ha la possibilità di vedere gli eventi a distanza temporale e dedurre la logica di circostanze apparentemente accidentali. Ritornando a un passato lontano dal suo presente storico, Loznitsa ha la possibilità di riflettere sul futuro indagando il comportamento di ogni uomo messo alle strette dalla guerra e ragionando su eventi accaduti in anni molto tragici per la Russia e mai liberamente trattati, per via delle restrizioni poste dal regime sovietico, dai grandi cineasti russi del passato.
IL BUONO,IL DUBBIOSO E IL CATTIVO
I caratteri dei tre protagonisti principali possono, a grandi linee, essere definiti come dei prototipi riconducibili alle figure del santo, dell'uomo che dubita e del cattivo. All'apparenza Sushenya dà una falsa impressione. Si crede che sia molto ingenuo e facilmente influenzabile ma in realtà è una persona emotivamente intelligente e un uomo pieno di dignità, coerente nelle sue azioni e nelle sue idee. Burov è finito tra le fila dei partigiani solo perché era maltrattato dal suo vicino e non riusciva a far fronte all'umiliazione e al desiderio di vendetta ma è un uomo duro, testardo e appassionato, che cerca di riflettere su ogni situazione e di trovare giustificazione a ogni suo gesto. Voitik, invece, è il tipico rappresentante della nuova classe dirigente russa. Uomo indegno, vile, indifferente e insignificante, è capace di uccidere qualcuno senza pensarci due volte e le uniche sue preoccupazioni sono legate alla sua incolumità e alla ricerca di cibo. Per lui il mondo esterno rappresenta a seconda dei casi un ostacolo o un mezzo per il raggiungimento dei propri obiettivi personali. Mentre Sushenya e Burov cercano di capire cosa accade intorno a loro, riflettendo e dubitando anche dei propri gesti, Voitik marcia dritto per la sua strada perseguendo i fini egoistici prefissati. Allo stesso tempo, mentre Burov e Voitik attraversano la foresta con l'intenzione di assassinare Sushenya, quest'ultimo invece non sarebbe in grado di macchiarsi le mani di sangue né tantomeno di mettere a repentaglio la vita delle persone a lui vicine. Anche quando la parola e la ragione lasciano il passo alla violenza, Sushenya preferisce fare appello alla comprensione e alla compassione, ignorando di essere semplicemente un'esca nelle mani della Gestapo per catturare i partigiani in un'imboscata.
Da un punto di vista strettamente storico, Sushenya è il simbolo di una generazione di uomini destinati a scomparire durante il regime sovietico come frutto di una spietata selezione sociale che preferisce premiare personaggi simili a Voitik.
Sul piano narrativo, il film descrive eventi che hanno avuto luogo nell'autunno/inverno 1942. A livello metafisico, invece, delinea come uno stato di "non essere" affligga sia ogni società dilaniata dalla guerra sia ogni individuo della stessa società, a cui vengono richiesti dedizione e sacrificio. Sacrificio che Loznitsa racconta come una delle possibilità a disposizione per fermare la dilagante distruzione/eliminazione reciproca. Sushenya, dopo aver capito il suo destino e trovato il coraggio di accettarlo, acquisisce una saggezza esistenziale che gli permette di sentirsi utile alla causa e alla salvezza della sua stessa gente.
MINIMALISMO ESPRESSIVO
Realizzato in maniera minimalista e sobria, con le emozioni ridotte al minimo, Anime nella nebbia è girato negli stessi posti degli episodi raccontati nel romanzo (un villaggio, una foresta, una fattoria e una piccola stazione ferroviaria) e si articola durante il corso di tre stagioni (fine estate, autunno e inizio inverno) riflesse nella natura selvaggia della vegetazione della foresta. Come in un dipinto di Jacob Ruisdael, terreni accidentati, colline, laghi, fiumiciattoli e conifere rendono spaventoso il percorso dei tre protagonisti e ne restituiscono l'inquietudine interiore. Per accentuare l'espressivo paesaggio e il linguaggio visivo, la cura per la fotografia è ridotta al minimo e il movimento della macchina da presa è volutamente trattenuto. Dialoghi e suoni sono presenti solo laddove strettamente necessari, lasciando posto ai rumori che vengono dalla natura circostante.
Note
I lunghi piani sequenza tra gli alberi, i colori opachi della fotografia in 35mm di Oleg Mutu (lo stesso operatore di Cristian Mungiu) o ancora alcune immagini cariche di pietà e sofferenza, come quella del prigioniero che porta in spalla il suo giustiziere, fanno di Anime nella nebbia un racconto di guerra dolente e universale, capace di restituire dignità alle vittime della storia e di coglierne tormenti e fragilità, prima che la nebbia del tempo le dissolva.
Trailer
- Premio FIPRESCI (concorso) al Festival di Cannes 2012
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