Regia di Tonino Valerii vedi scheda film
Valerii debutta alla regia e lo fa strizzando l'occhio al suo maestro Sergio Leone. "Per il gusto di uccidere" infatti prosegue sulla strada tracciata dal grande regista romano con un bounty killer ironico e freddo a fungere da protagonista e una banda di messicani alla caccia di un carico d'oro custodito nella banca di un piccolo paese. Lo script è semplice, non propone soluzioni narrative di particolare rilievo e, a parte il bounty killer che guarda continuamente la realtà attorno a lui dal filtro del mirino del cannocchiale che appone alla sua carabina (esilaranti, per i dialoghi, un paio di sequenze che lo vedano protagonista, su tutte quella in cui uccide un delinquente all'interno di un saloon mentre si fa le carte come un provetto cartomante), non caratterizza bene gli altri personaggi. Gli sceneggiatori pur prendendo a modello Leone (c'è anche il simpatico vecchietto del paese) non copiano pari pari, ma cercando di introdurre alcune novità (il bounty killer, qui, non fa doppi giochi e viene assoldato per proteggere il denaro dagli attacchi dei criminali, in più ha un motivo personale per uccidere il capo banda dei messicani). Purtroppo è debole il cattivo di turno a cui da corpo un poco ispirato George Martin. Molto meglio alcuni personaggi secondari come "Machete" (un tipo robusto, con folti baffi e pizzetto che lancia machete, in altre parola una sorta di anticipazione del Machete di Rodriguez) interpretato dal cinese Wang, e il solito bandito sopra le righe che ha in Fernando Sancho il suo corpo (solo un breve cammeo iniziale per lui). Non sfruttato Piero Lulli (qua tra i "buoni"), mono espressivo Craig Hill che cerca di scimmiottare Eastwood riuscendoci solo in parte (anche il look ricorda quello de "Il buono, il brutto, il cattivo"). Bravo Valerii alla regia sia per la capacità di imprimere un ritmo coinvolgente (anche se con alcune sequenze messe tanto per fare brodo: penso soprattutto alla parte iniziale che si sarebbe potuta anche tagliare in quanto avulsa dal resto), ma soprattutto per un paio di sequenze degne di nota. La prima è la sequenza (la definirei argentiana) che funge da preludio all'esplosione della camera blindo, con la mdp che si sofferma in PPP sulla miccia e via via risale con un carrello fino ai fili del telegrafo per giungere al punto in cui un operatore si appresta a far detonare un innesco esplosivo alquanto originale. Ottimo, per l'epoca, tanto da far scuola l'epilogo del duello finale con il protagonista che secca l'avversario centrandolo in un occhio e facendo esplodere il cannocchiale del fucile con cui l'altro stava mirando il bersaglio. Di grande quaità la fotografia (del futuro regista Stelvio Massi), non eccelsa la colonna sonora dell'accoppiata Ferrio-Fidenco. In definitiva un western che non annoia ma che, a parte un paio di geniali soluzioni registiche di Valerii, non introduce nulla di nuovo. Carino. Voto: 6.5
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