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Miele

Regia di Valeria Golino vedi scheda film

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GIMON 82

GIMON 82

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Miele

di GIMON 82
8 stelle

La "dolce" morte arriva su un vassoio,con cioccolatini e vodka,accompagnate da "veleno" canino.
Un trapasso quasi "estemporaneo",refrattario alle convenzioni etiche,affidato a ragioni di estrema sofferenza.
"Miele" è il nome d'arte d'una giovane donna,Irene per gli amici
"Miele" per i "clienti".
E' un "Lavoro di merda" quello di Irene,accompagnare all'ultimo sospiro gente che soffre.
Ma per lei è una missione,piu' forte d'ogni cosa,aspirare attimi di vita,farli propri,energizzarli in una fisicita' mascolina,senza sconti.
Spirito libero,animo indipendente,"Miele" è come un eroina d'appendice tragica.
Nel privato assorbe e travolge amanti ammogliati,aggressiva e forte nel reclamare diritti e doveri.
Ma poi arriva un anziano e stanco ingegnere,annoiato dalla vita stessa,"sano come un pesce",che vuol morire "dolcemente".
L'universo di "Miele" si sgretola cosi',ogni cosa è messa in discussione,anche le "fughe" messicane a trafugare farmaci veterinari ed illegali.
Ed in piu' sorgono dubbi,è giusto razionalizzare attimi estremi di vita?
Serve un anziano e cinico ingegnere per cambiare le vedute sul 
diritto a vivere ed una morte "autorizzata".
L'eutanasia,argomento gia' ripreso da Bellocchio in "Bella addormentata",viene rivisitato in chiave piu' emozionale e meno "politicizzata" dall'esordiente Valeria Golino.
Ispirato liberamente al romanzo di Mauro Covacich "A nome tuo",è un esordio spontaneo,leggero,dalla poesia profonda ed una protagonista che buca lo schermo.
Jasmine Trinca è bravissima nel dare animo e voce ad una donna,dapprima missionaria di se e della sofferenza.
Ma la "maschera" empia di furori e razionalita' nasconde un muro fragile,buttato giu' dall'incontro con l'anziano Grimaldi,intepretato da un ottimo Carlo Cecchi.
La Golino  rivolge a noi  una regia ad ampio spettro,puntando la telecamera sulla protagonista,sui suoi  movimenti dal rigore selvaggio e carnale.
Alla vitale energia della Trinca contrappone la disillusione di un anziano depresso,uno strano binomio che funziona alla grande.
Una sorta di analisi psicoterapeutica a vicenda,i due personaggi  si specchiano l'un l'altro,con l'uomo dal fascino colto e ironico e la giovane dalla vitalita' fragile e forte.
Un rapporto a due,cuore del film,dove negli inframezzi vivono attimi di forte emozionalita'.
Camere della "dolce morte",pazienti sofferenti che "non vogliono morire",costretti a farlo per la sofferenza estrema.
Mi è venuto in mente "Amour" di Haneke in questi passaggi,facendone un "confronto",l'austriaco usava la rigidita' e la freddezza nel mostrare la malattia e la sofferenza.
La Golino utilizza la dolcezza ed una sensibilita' tutta femminile,in frangenti dove il dolore e la retorica sofferente è in agguato.
La regista è brava nel non inciampare nello scoglio,ci mostra il calvario di gente sofferente,con attenzione e accuratezza,colpendo le nostre sensibilita' e animando riflessioni difficili.
La vita e la morte sono argomenti universali,il diritto a vivere è sacrosanto,questo lo capisce anche Miele,ritirandosi ad una vita propria.
Un finale dolce e malinconico suggella un esordio coraggioso,un film italiano che si spinge oltre le commediuole volgari,andando dritto all'attualita' e al cuore dello spettatore.....

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