Regia di Tengiz Abuladze vedi scheda film
Il cadavere di un rispettato politico viene dissotterrato ripetutamente; colta sul fatto la colpevole, viene portata a processo. Qui la donna racconta perché non ha intenzione di lasciare in pace il corpo di quell’uomo, che era in realtà un feroce dittatore.
Illuminata guida della collettività o crudele tiranno egomaniaco? Nella figura di Varlam Aravidze è elementare ritrovare tratti di Hilter (i baffetti), Mussolini (la divisa nera) e Stalin (l’atteggiamento), talmente che all’uscita il film georgiano non trovò distribuzione in patria per un paio d’anni circa; la parabola di qualsiasi grande politico o politicante, suggerisce Pentimento, è ben più complessa di quanto appaia in superficie e, naturalmente, se il pregiudizio genera odio, dall’odio può venire soltanto altro odio - e null’altro. Classe 1924, Tengiz Abuladze ha già una discreta carriera alle spalle quando gira questa pellicola, destinata a diventare il suo titolo maggiormente noto a livello internazionale; i toni leggeri non possono affatto ingannare: gli intenti morali sono palesi e, specie nella prima mezzora, il film è dotato di un buon ritmo e di una spiccata ironia, lasciandosi così seguire con piacere. Quando però si approfondisce il discorso politico e i lunghi flashback del processo prendono vita, la narrazione comincia a vacillare, facendosi via via più sonnolenta (la durata complessiva dell’opera sfiora le due ore e mezza: un discreto mattoncino). Sceneggiatura firmata dallo stesso regista, insieme a Nana Janelidze e Rezo Kveselava; suggestiva la presenza scenica di Avtandil Makharadze, incombente ma – alla Chaplin – inequivocabilmente ridicolo. Come ogni vero dittatore che (non) si rispetti, insomma. 6,5/10.
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